Non preoccupiamoci e non meravigliamoci di questo periodo di pandemia, perché può essere considerato come un capriccio personale in una stagione favorevole della vita “lo stare a casa”, poter riordinare le proprie idee, la propria vita ed anche il proprio tavolo disseminato di foglietti, sparsi qua e là, e di appunti tenuti in disparte e, spesso, quasi dimenticati.
Consideriamo allora: il capriccio come la costrizione del dover stare in casa; la stagione favorevole della vita come la famiglia che viene così ad essere riscoperta nel valore dello stare insieme, dialogando, scambiando opinioni, racconti e ricordi; i foglietti, gli appunti ritrovati come gli affetti ritrovati, quei sorrisi e quei giochi che quasi non esistevano più nei vari ambiti familiari.
Allora, non preoccupiamoci e non meravigliamoci, anche se questo ha rappresentato, e dispiace profondamente, tanti morti, tantissimi ammalati, milioni di contagiati, ai quali va tutto il nostro compassionevole pensiero e la nostra preghiera. Ma perché non ci siamo accorti prima dei tanti morti, che quotidianamente riempivano le cronache, per le troppe guerre, per fame o per tanti altri moventi?
Nel nostro mondo costellato di tanti sprechi, di tante cose superflue, perché non siamo riusciti mai a riflettere e a prendere coscienza dei tanti sofferenti che invece abitano l’universo?
Ma ecco, oggi, è stato un micro o grande virus a terrorizzarci e a farci iniziare così a prenderci cura di noi stessi e dei nostri cari, se conviventi con noi nelle nostre stesse case, riscoprendo anche i nostri stessi nuclei familiari. Abbiamo riscoperto la gioia dello stare insieme, ma anche quella della libertà solo uscendo per qualche ora per fare qualche acquisto alimentare o per lavoro ove è stato possibile.
Siamo riusciti a far immergere la mente nella cosiddetta saggezza popolare, permettendoci di riscoprire il gusto dei nostri patrimoni familiari e culturali, raccontando un po’ di storia sulle nostre radici.
Nonostante la tragedia della pandemia, che bello tutto questo!
Però, sì c’è anche un però, o tanti però provocati dalla confusione dei nostri incapaci governanti: le maggiori preoccupazioni sono state determinate, infatti, proprio dalle istituzioni che avrebbero dovuto garantire sicurezza nel presente periodo di emergenza o tutelarci sul piano economico, finanziario, oltre che sociale.
Invece, ci troviamo a registrare un futuro incerto e pericoloso per le aziende, per i lavoratori, per le famiglie e per le nuove generazioni.
Durante questo periodo, ci hanno riempito di decreti, tra l’altro il più delle volte di difficile interpretazione, che hanno messo in difficoltà i cittadini nel poterli eseguire e rispettare, come è giusto che sia per ogni persona rispettosa delle istituzioni dello Stato.
Allora, viene da pensare e da preoccuparci proprio per le tante aziende, per le centinaia di migliaia di lavoratori che non sono, o non saranno, più lavoratori, per le piccole e medie imprese, per gli artigiani: quale sarà il loro futuro?
Ed ancora, per gli anziani che sul piano psicologico si sono sentiti e si sentono soli, quasi abbandonati o prigionieri delle loro giustificate paure, senza poter nemmeno avere il conforto dei propri cari per il divieto di essere raggiunti.
Ecco, le istituzioni, che dovevano e avrebbero dovuto emanare conforto e serenità, hanno seminato confusione, a volte persino terrore.
Meno male, la presenza di un Capo dello Stato, di nome Mattarella, che è riuscito quasi sempre a penetrare attraverso i suoi messaggi e a trasmettere nei nostri cuori alcune pillole di solidarietà e di speranza.
E siamo passati, così, in pochissimo tempo, anche se appare lunghissimo, oltre un’era crepuscolare edificata su eccessi di benessere e ricchezze anche sprecate, su assenza di etica e moralità, di spiritualità, di segni e simboli e di tradizioni che erano considerati quasi come principi, valori assoluti, nel tempo poi annacquati o svaniti.
Non possiamo neanche dimenticare le tante esclusioni sociali verso tutti coloro che non si sono adeguati o non si sono conformati ai tempi o alle mode, e quasi sempre senza il rispetto dell’altro chiunque fosse l’altro, e questo di certo non è bello.
Prima del Covid-19 si tentava, e non è detto che non si voglia ancora, di proseguire nella ricerca dell’uomo elettronico che è fuori da tutto il mondo essenziale, dalla bellezza delle relazioni umane: il saluto con un buongiorno, una buona giornata o una buona serata, è ormai un sentimento raro da esprimere; una volta potevano mancare anche le espressioni vocali ma, al loro posto, potevano parlare i nostri occhi, i nostri sorrisi o anche un inchino di altri tempi.
Allora, ecco, la pandemia - che con la velocità dei tempi, la prepotenza dei messaggi diventa fracasso e oblio - tende a cancellare presto tutto il passato e a rendere difficile la riflessione obiettiva su un periodo oggettivo, sul nostro stile di vita prima del Covid-19. Deve costituire, invece, un invito a riflettere sul nostro passato per cancellare le cose negative e regalarci la consapevolezza delle cose positive.
Per molti, purtroppo, prevarrà ancora il detto: ciò che è successo ieri è già vecchio e quello del mese scorso appartiene alla preistoria.
Nonostante questo, il Covid-19 ci interroga tutti per farci capire le cose vere e belle della vita, delle quali in questo periodo ci ha privato e ancora sembra continuare a privarci, e ci induce comunque a cambiare o a contribuire per cambiare il nostro stile di vita.
Da ultimo, dopo queste riflessioni o considerazioni un po’ confuse e disarticolate, voglio considerare la vocazione alla vita associativa, la capacità di aggregazione, che proprio in questo periodo ci sono mancate, ed ancora ci mancano, in modo vivo e partecipativo per il divieto di assembramenti.
Ecco, oggi più che mai, la vita associativa, la bellezza dello stare insieme nei circoli quali luoghi di incontro, di dialogo, di confronto, di condivisione, quei momenti ci sono mancati e mancano. E quanto ci mancano.
Posso però testimoniare con soddisfazione che il Movimento Cristiano Lavoratori ha realizzato comunque la sua missione anche se in modo diverso, perché proprio come aggregazione laicale, come associazione di promozione sociale, come movimento ecclesiale di testimonianza evangelica organizzata (come recita l’articolo 1 dello statuto del MCL), è stato sempre presente e partecipe alla vita disagiata di molti in questo tempo del coronavirus. E’ stato sempre in campo con il supporto alle tante famiglie, ai tanti anziani, ai tanti disagiati tramite aiuti economici, telefonate di sostegno, consegna a domicilio di beni alimentari, ausilio all’espletamento di adempimenti burocratici presso uffici postali, uffici pubblici, e tutto questo è stato possibile anche attraverso i propri enti di servizio.
La presenza del MCL, con i suoi quadri dirigenti, i suoi enti di servizio, come il Patronato Sias ed il CAF MCL in particolare, ci fanno registrare la bellezza della vita l’un per l’altro, con la solidarietà.
Grazie al MCL, grazie al suo Presidente ed ai tanti quadri dirigenti, grazie a tutti i suoi associati.
Ma questo è stato pure il tempo della vita per cercare Dio ed abbiamo anche scoperto quanto ci sono mancate le celebrazioni della Domenica (a cui speriamo di poter tornare presto), la Domenica delle Palme tra i ramoscelli d’ulivo, le processioni, ed ancor più è mancata la partecipazione attiva al Triduo Pasquale.
Cerchiamo di prendere coscienza in questo tempo dei valori veri della vita. Ricordiamoci tutti della nostra natura, della sacralità della vita che non può che essere affidata al suo Creatore, ovvero a Dio buono e misericordioso.
Mi piace chiudere, con un pensiero che cito sempre nel mio quotidiano agire: “ogni giorno al mattino, al risveglio, apro gli occhi e vedo la luce, quindi un altro giorno, una nuova vita, perché si apre un nuovo giorno da intraprendere e dobbiamo dire, o meglio è bene-dire: ‘Grazie, mio Dio per il dono della vita’”.
Tonino Inchingoli
Segretario Generale Mcl