Dopo la Pasqua senza la liturgia comunitaria, il Coronavirus ha colpito anche il 2 giugno, Festa della Repubblica. Cioè il ricordo del referendum istituzionale che sancì la fine della monarchia e la nascita della Repubblica italiana (2 e 3 giugno 1946). Ma per una congiura del tempo, questo 2 giugno, pur privato delle sue principali manifestazioni a causa delle misure di distanziamento sociale, assume per tutti noi italiani un significato altro. Infatti, dal 3 giugno tutte le frontiere interne fra regione e regione (salvo ripensamenti dell’ultimo minuto) saranno virtualmente abbattute e ciascuno potrà tornare a circolare liberamente all’interno del Paese, da Nord a Sud e nelle isole, senza ostacolo o divieto alcuno.
Dunque, un giorno fortunato questo 2 giugno del 2020 che vedrà, allo scoccare della mezzanotte, la possibilità di segnare un nuovo inizio, un ritorno a una normalità esistenziale che milioni di italiani hanno sognato nei lunghi mesi del lockdown. Un isolamento che ci ha consentito, pur pagando un tragico tributo di vite umane, di contenere la pandemia e di poter tornare padroni del nostro destino.
Ma proprio perché qui comincia una nuova pagina della nostra storia, quella del dopo pandemia, il ricordo del 2 giugno e dei suoi valori non può che essere attualizzato. A partire dal valore supremo della libertà che innerva tutta la nostra vita personale, comunitaria e di popolo. La prima votazione a suffragio universale indetta in Italia vide prevalere la repubblica (12.717.923 voti) sulla monarchia (10.719.284 voti). Rispettivamente il 54,3% contro il 45,7%. Nacque così la nazione moderna che conosciamo, con tutti i suoi limiti e le sue storture, ma per sempre legata a un orizzonte di libertà.
Quella libertà che è il valore costitutivo della nostra nazione e che pervade la vita quotidiana. Quella libertà che ha fatto da pilastro per la ricostruzione del Paese, per la libera circolazione delle idee, per le prassi condivise di lotta politica regolata nello schema parlamentare, per l’adesione all’Occidente e agli organismi internazionali, per la nascita dell’Unione Europea, per l’espansione dell’iniziativa economica e del benessere, per l’estensione dello Stato sociale, per la valorizzazione della vita sociale e il moltiplicarsi dei corpi intermedi, per la tutela della pace e per la proiezione internazionale della nostra nazione. Offrendo così alle nostre Forze armate una prospettiva non solo di difesa della Patria, ma anche di pacificazione, in tante aree a rischio nel mondo.
Per quanti operano nel sociale e animano i corpi intermedi, questa straordinaria valorizzazione della libertà è un motivo in più per realizzare, nel proprio ambito d’azione, modelli e processi di condivisione, di responsabilizzazione e di assunzione del bene comune.
Ecco quello che il 2 giugno dice a tutti noi che abbiamo scelto il sociale come spazio di azione e manifestazione di talenti. E’ su di noi che grava, in forza della libertà che ci è stata donata e che nella forma repubblicana dello Stato sommamente si manifesta, la responsabilità di costruire nuovi ponti. Il Paese, infatti, ha un bisogno disperato di unità. Ma più che di unità politica (che in un sistema democratico e pluralista è garantita dal principio di maggioranza), l’Italia necessita urgentemente di unità sociale per affrontare la lunga marcia che ci attende, dopo i gravissimi danni provocati dalla pandemia. Il Paese ha un drammatico bisogno di coesione sociale e noi del Movimento Cristiano Lavoratori, come corpo intermedio e protagonisti della vita sociale, siamo chiamati a fare la nostra parte. Lenendo le ferite, rammendando le relazioni, intessendo la rete virtuosa della solidarietà. Tutto questo nello spazio garantito e prezioso della nostra libertà.
Questo 2 giugno è l’occasione per fare quello che la nostra età non ci ha consentito: collocare in un’urna virtuale la nostra scheda referendaria con la croce tracciata sulla parte in cui campeggia la scritta Repubblica. Forse oggi abbiamo il rammarico di non aver mai chiesto ai nostri nonni e ai nostri genitori come votarono quel giorno lontano del 1946. Ma quel giorno, con il solo gesto del voto libero, loro erano tutti dalla parte giusta, quella del popolo che democraticamente decide il proprio futuro. Un destino di libertà che anche noi, oggi, dobbiamo guadagnarci.
Domenico Delle Foglie