Durante i recenti lavori del Congresso del PPE a Zagabria - che ha eletto come nuovo Presidente il Polacco Donald Tusk e confermato Antonio Tajani alla Vice Presidenza - si è parlato molto del futuro dell’Europa.
La visione del PPE per un pianeta sostenibile, per tagliare le emissioni e creare posti di lavoro è stata ancorata all’impegno, che già da almeno dieci anni vede l’UE in prima linea, che deve coinvolgere tutti, perché attraverso i nostri sforzi di oggi si possa contribuire ad attenuare gli effetti del cambiamento climatico in atto. La preoccupazione delle nuove generazioni e per le nuove generazioni impegna il PPE a sostenere politiche tese a ridurre concretamente, entro il 2030, le emissioni di gas serra.
Il PPE, di fronte allo scetticismo di alcuni ed al negazionismo di altri, impegna tutti i suoi dirigenti ed aderenti ad un lavoro deciso “verso un’economia pulita”. Fermo restando quindi l’impegno, è nel coinvolgimento delle persone e nella loro mobilitazione che passa il vero processo educativo: si deve andare verso una crescente diffusione delle energie rinnovabili e, grazie anche allo sviluppo e alla diffusione dell’intelligenza artificiale e della digitalizzazione, si cercherà di guidare l’innovazione verde riducendo la burocrazia.
Ma se oggi questo tema “verde” può essere letto anche come “dovere”, è nel futuro dell’UE e sull’allargamento ai Paesi dei Balcani Occidentali che il Congresso si è a lungo soffermato ed ha vissuto la sua pagina “politica” più rilevante. Pur riconoscendo le oggettive difficoltà, che ritardano i processi di adesione in corso - in molti Paesi viene denunciata preoccupazione per la corruzione e la non totale libertà di stampa - tutti i leader intervenuti hanno espresso chiaramente la determinazione politica di raggiungere, quanto prima, l’integrazione dei Paesi dei Balcani Occidentali nell’UE.
Le obiezioni di Macron - cui sono seguite quelle olandesi e danesi - non possono essere giustificate solamente attraverso letture economiche”: i parametri non possono bloccare “la politica” è sempre una certa “ragione di Stato” che ha, nella storia, avuto la sua corsia preferenziale. Forse Romania e Bulgaria avevano ieri tutti i parametri in linea con l’UE?
Populismi e nazionalismi sono più pericolosi “dei parametri” e non sono separabili dall’influenza che la Russia di Putin, la Turchia di Erdogan e tutto il potere islamico dei Sauditi, e degli altri Paesi del golfo, esercitano proprio per accrescere la loro influenza politica ed economica in Europa.
A febbraio, a Bucarest, il MCL terrà un nuovo seminario internazionale di studi sul tema legato allo sviluppo del nuovo ruolo della società civile e delle organizzazioni dei lavoratori che oggi possono contribuire con più determinazione al processo di integrazione. Da venti anni il MCL, infatti, si impegna e sostiene le ragioni politiche che debbono far integrare, con urgenza, popolazioni che da troppo tempo “subiscono” la mancata libertà: il comunismo ieri e l’impero ottomano prima hanno impedito per secoli la “libertà” a troppa gente!
Le aspirazioni legittime dei popoli di questa area - dove oltre il 65% dei giovani è favorevole all’UE e guarda a noi come faro di sviluppo e sicurezza - non possono essere ancora respinte in nome di un parametro economico che non può certo essere abbattuto e raggiunto quando la disoccupazione, come in Bosnia Erzegovina, è ancora mediamente sopra il 50%.
Guardare al futuro anche verso il “mondo più orientale”: Ucraina, Moldavia, Georgia chiedono di entrare nell’UE e, a dieci anni dalla costituzione del “partenariato orientale”, le preoccupazioni di questi popoli - costretti alla guerra col Cremlino (Ucraina) o sottoposti a dure pressioni dallo Zar - devono trovare una “risposta” e questa deve essere calendarizzata senza altri rinvii.
Il 2030 segna la data strategica e l’agenda per questo processo - così come quella di Berlino per i Balcani Occidentali - deve collegare l’UE alla creazione di una base migliore per la creazione di un’Europa più libera, in pace e arricchita dalla sicurezza e dalla giustizia sociale.
Saper guardare questo orizzonte non è una sfida impossibile ma determina la consapevolezza che l’ambizione di questo processo può produrre la crescita della democrazia in tutto il nostro Continente.
Il MCL nel suo lavoro costante e determinato, fatto con programmi di sostegno a diverse esperienze - prima tra tutte quelle di Sarajevo -dovrà continuare a sostenere le organizzazioni dei lavoratori di questa area: gruppi che ci conoscono ci chiedono sempre più frequentemente - come dal Kosovo in ultimo - di essere sostenuti ed aiutati a formare la loro nuova classe dirigente.
Piergiorgio Sciacqua