Il Covid-19 rappresenta un evento inedito per il mondo, per lo sviluppo cruento nei suoi effetti ma soprattutto per l’essersi manifestato come un ostacolo fuori dagli schemi, a cui tutti eravamo, anche mentalmente, impreparati.
In un Occidente in cui tutto sembrava inevitabilmente globalizzato e standardizzato dal primeggiare dell’economia e della finanza su qualsiasi altro valore, ancora una volta, il lavoro si riappropria del suo significato e del suo ruolo primario. Il lavoro come chiave essenziale di tutta la questione sociale, che condiziona lo sviluppo non solo economico, ma anche culturale e morale delle persone, della famiglia, della società e dell’intero genere umano, abbandonando quella sensazione di sentirsi insoddisfatti, nella ricerca continua di vedere appagato il desiderio di possesso, immersi in una connessione sociale interrotta e priva di condivisione di sentimenti.
Questo virus è calato su di noi in modo inesorabile e inatteso, obbligandoci a rivedere tutti i nostri parametri ed abitudini, come persone e lavoratori, sviluppando in questi e nei datori di lavoro, una maggior consapevolezza dell’importanza dei dispositivi di protezione individuale per la salute e la sicurezza dei lavoratori; incentivando, quasi imponendo, forme di lavoro agile, indispensabile oggi per il contenimento del virus, ma nel quale viene a mancare quella componente relazionale che è centrale nel lavoro.
Tutte le forme di lavoro sono state colpite.
I lavoratori dipendenti, ritrovatisi quasi da un giorno all’altro con le aziende chiuse in forza dei noti provvedimenti governativi e che potranno beneficiare di strumenti di sostegno al reddito per almeno due mesi.
I lavoratori subordinati con contratti di lavoro di fatto precari e comunque meno tutelati, quali i lavoratori stagionali, a chiamata, del turismo, dello sport, del settore dello spettacolo, dove il sistema lavoro fa emergere tutta la fragilità di una contrattualistica del lavoro frastagliata, disomogenea, frutto di interventi legislativi caotici e disarticolati.
Ma anche il mondo del lavoro autonomo, dei professionisti, di collaboratori, degli artigiani, dei commercianti, delle piccole attività, che saranno le più colpite, dove questa crisi avrà un’incidenza drammatica e molti saranno a rischio di chiusura. Per tutte queste categorie di lavoratori è stato previsto un intervento una tantum di 600 euro, a domanda, e fino a concorrenza della disponibilità di fondi, nascondendo di fatto quello che si può definire un click-day. Emblematica la giornata del primo aprile, data di apertura della procedura on-line per inoltrare la richiesta, dove un guazzabuglio telematico ha dimostrato la vulnerabilità di questo sistema di welfare statale e l’affannosa corsa di questa categoria di lavoratori all’accaparramento di una piccola somma elargita dallo Stato per il mese di marzo.
Alla luce di queste considerazioni, e in questa fase di emergenza, in cui le persone faticano ad orientarsi, le associazioni del Terzo Settore riaffermano la loro dimensione sociale. Stanno fornendo, anche in questo momento, assistenza ai cittadini che, in situazione di difficoltà, hanno urgentemente bisogno di aiuti primari e di indicazioni, accorrendo in supporto alle stesse Istituzioni e, a volte, agendo quando la loro macchina si inceppa, come il Movimento Cristiano Lavoratori attraverso gli sportelli di Patronato e Caf.
Questa crisi, così dolorosa e tragica, non potrà passare senza che se ne traggano degli insegnamenti: quando tutto sarà finito deve diventare un’opportunità non solo per rafforzare il sistema sanitario pubblico, ma altresì quello del lavoro e del welfare, con intelligenza e lungimiranza, affinché gli slogan e gli hashtag, che stanno alimentando la speranza di chi è costretto a stare forzatamente a casa, non rimangano esclamazioni vuote, ma divengano veramente un segno tangibile di impegno verso il miglioramento.
L’elemento da cui ripartire sarà di certo, da una parte, la consapevolezza che si davano per scontate molte delle libertà e delle comodità cui oggi siamo costretti a rinunciare e, dall’altra, che la condiziona umana, al di là della sua dimensione materiale, è uguale per tutti.
Carlina Valle
Vicepresidente nazionale MCL