La nascita del governo Conti bis è stata accompagnata da una durissima contestazione da parte delle opposizioni. In particolare Fratelli d’Italia e Lega hanno inscenato una manifestazione con migliaia di persone che hanno “circondato” il Parlamento, con grida: “Traditori, Vergogna, Poltrone”. Anche in aula si sono ripetuti gli scontri in una atmosfera cruenta, come poche volte si è visto nella recente storia parlamentare.
Ma le manifestazioni di piazza e il linguaggio durissimo rischiano di distrarre dal cogliere il significato e la portata di questa svolta politica che, certamente, presenta nei suoi principali protagonisti aspetti di “trasformismo acrobatico” denunciato, tra i pochi, dall’intelligente e non allineato Ferruccio De Bortoli.
Qualche considerazione più approfondita va fatta. C’è indubbiamente una operazione di potere, ma che si presenta sorretta da una logica di “primato” su tutto il resto. La rappresentanza, in questa visione, passa in secondo ordine in quanto si annulla quel carattere di responsività, cioè di riscontro con l’elettorato, che deve permanere anche nelle assemblee di una democrazia rappresentativa. Il governo, con la sua maggioranza numerica, non può, cioè, essere svincolato da coerenza programmatica e dalla sintonia con il consenso del Paese. Questa attenzione è sempre doverosa da parte della forze politiche e dei parlamentari che, non a caso, rappresentano la Nazione, pena l’isolarsi in una logica di “palazzo”. Il potere, del resto, diviene pernicioso nella misura in cui si sia disposti a tutto pur di non perderlo.
Si è detto che i parlamentari dei 5 stelle ed i renziani del Pd si siano schierati per la continuità della legislatura temendo un loro drastico ridimensionamento, quasi a dimostrare che i gruppi parlamentari, in quanto tali, siano stati i protagonisti del rifiuto ad andare a elezioni anticipate. Questa constatazione, che già registra un ulteriore decadimento politico della composizione delle assemblee parlamentari, tuttavia, non fa luce sulla evoluzione delle forze politiche che hanno composto il nuovo governo e che è alla base della strategia continuista della legislatura.
L’entrata in sintonia di 5 stelle e PD presenta caratteri più rilevanti e meno contingenti di quanto non si creda. Da un lato la sinistra, prosegue la sua “rivoluzione laicista” nella direzione della costruzione di una egemonia, condivisa con le sollecitazioni neoilluministe, volta, alla dissacrazione della società italiana (vedi le ultime dichiarazioni di Zingaretti a favore dell’eutanasia) che, sotto tali colpi, va perdendo il suo carattere naturalmente cristiano, come ha brillantemente analizzato di recente Domenico Delle Foglie; dall’altro i 5 stelle vanno dimensionando il loro afflato anti establishment in un individualismo dissacratore della rappresentanza (sovranismo, democrazia diretta, etero direzione del movimento).
La “decomposizione” del carattere identitario e rappresentativo della società e del sistema politico italiano avviene, quindi, per iniziativa di due fronti che si indirizzano in una sintesi che li accomuna. Augusto Del Noce nel suo profetico libro sul “Suicidio della rivoluzione” paragona l’opera “dissacratoria” dell’“intellettuale organico”, trasformato in “funzionario dell’industria culturale”, all’azione efficace dell’“esperto aziendale”.
Non a caso Goffredo Bettini assegna a questa svolta governativa di 5 Stelle e PD il compito alto di “mischiare i loro rispettivi elettorati”, a seguito del confondersi della spinta egemonica della sinistra, con l’azione distruttiva della rappresentanza da parte della forza politica guidata dalla Casaleggio e dalla piattaforma Rousseau.
La necessità, quindi, è quella di contrapporre a questa evoluzione, una azione politica ben radicata su efficaci principi orientativi. A Senigallia, nelle intense giornate del tradizionale seminario formativo del MCL, Carlo Costalli ha indicato nella valorizzazione dei “corpi intermedi” l’antidoto ad una politica sotto il segno del populismo e della tecnocrazia laicista.
In sostanza senza corpi intermedi liberi, cioè le realtà naturali ed associative, non c’è politica, non c’è rappresentanza, non c’è democrazia partecipata. Il declassamento del loro ruolo ha queste conseguenze. Essi sono, invece, la barriera che impedisce il realizzarsi, con l’egemonia culturale e politica, di un autoritarismo pur nella permanenza formale delle istituzioni democratiche o di quella uniformità sociale, definita con efficacia “folla solitaria”, frutto del consumismo e del declino del liberalismo.
Oggi per il “potere”, c’è forte la tentazione di sbarazzarsi della rappresentanza e delle sue intermediazioni. Lo rilevava già nel 1996 lo storico e politologo Domenico Fisichella.
Il MCL da diversi anni ha intravisto come la questione della rappresentanza sia alla base della stessa difficoltà di governo e indicò in un Convegno, come essa possa iniziare a ricostruirsi partendo dagli enti locali, ove il civismo lenisce la crisi delle forze politiche e, di conseguenza, le istituzioni sono più in sintonia con i cittadini.
In vista della iniziativa, uscita da Senigallia, volta al coordinamento delle realtà associative che si riconoscono nel popolarismo, il MCL, prossimamente, darà vita ad una assemblea di enti locali, per indicare al paese reale che non vota o non si sente rappresentato, la possibilità di avere voce nelle istituzioni per una difesa della democrazia, per porre come essenziali le questioni della famiglia, del lavoro, dello sviluppo, della solidarietà, della permanenza, cioè, di valori di orientamento in una società, che è diventata rancorosa ed egoista, ma che invece, come ha detto Costalli, deve riavere al centro l’interesse generale ed il bene comune.
“Cattolici e liberali insieme”, come ha scritto Barbano nel suo Manifesto per una democrazia liberale dotata di un futuro.
Pietro Giubilo