Lo sfruttamento lavorativo è costituito da forme illegali di intermediazione, reclutamento e organizzazione della manodopera al di fuori dei canali di collocamento regolari, in violazione delle disposizioni in materia di orario di lavoro, minimi salariali, contributi previdenziali, salute e sicurezza sul lavoro, nonché a condizioni di vita degradanti imposte ai lavoratori e lavoratrici approfittando del loro stato di vulnerabilità o di bisogno. Nel caso sussista anche coercizione (violenza, minacce, sequestro dei documenti, restrizione della libertà personale), lo sfruttamento lavorativo assume la forma estrema di lavoro forzato. Tutto questo viene racchiuso nel termine “Caporalato”.
Si tratta di un sistema illecito d’intermediazione e sfruttamento del lavoro da parte di intermediari illegali (caporali) che arruolano la manodopera. Tratto cruciale del caporalato è il monopolio del sistema di trasporto, che costringe i lavoratori e le lavoratrici a dover pagare una somma di denaro per il loro spostamento da e verso i luoghi di lavoro. Tale sistema di intermediazione risulta più diffuso quanto è maggiore la distanza tra le aziende e le persone in cerca di lavoro e quando l’organizzazione del lavoro in squadre risulta particolarmente complicata. La gestione illegale della domanda e offerta di lavoro e le infiltrazioni mafiose nella filiera agroalimentare muovono in Italia un’economia illegale e sommersa di oltre cinque miliardi di euro e non solo al sud come spesso siamo abituati a leggere o sentire dai diversi canali di comunicazione. In questi ultimi anni le istituzioni a livello centrale hanno cercato di avviare una serie di azioni di contrasto al fenomeno dello sfruttamento lavorativo in agricoltura cercando di armonizzare le diverse norme esistenti in materia introducendo nel 2016 la legge n. 199 contenente “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo”. La legge contro il caporalato ha come dire fatto da apripista al Programma triennale del Tavolo per il Caporalato che si è riunito il 20 febbraio scorso, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, a cui ha partecipato anche il nostro Movimento, come organizzazione impegnata nella difesa dei diritti dei lavoratori impiegati nel settore agricolo primario, fornendo un contributo alla discussione.
In questa occasione è stato approvato un Piano Triennale 2020 - 2022 di intervento su tutto il territorio nazionale e che adotterà una strategia nazionale di contrasto al caporalato ed allo sfruttamento lavorativo in agricoltura. Questo può essere definito come il risultato della concertazione tra diversi attori istituzionali coinvolti a livello centrale e decentrato e del confronto con i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro del settore agricolo e le associazioni del Terzo settore presenti al Tavolo. Istituito nel dicembre 2018 e presieduto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Tavolo costituisce l’organismo di coordinamento a livello nazionale responsabile per l’indirizzo, la programmazione delle attività istituzionali e per il monitoraggio dell’attuazione degli interventi previsti nel presente Piano Triennale.
Il Piano si basa su diverse linee di intervento, ricondotte all’interno di un disegno unitario che si traduce in un’azione sinergica e trasversale, basata su un modello di collaborazione inter-istituzionale fondato sulla legalità e sulla dignità del lavoro, come anche sul potenziamento degli investimenti nelle filiere agroalimentari. Esso prevede una strategia di attuazione articolata su tre diverse fasi: ad una prima fase di analisi del fenomeno seguono gli interventi di natura emergenziale nelle aree più critiche per poi procedere ad una azione di sistema che abbraccia tutto il territorio nazionale. Quest’ultima è strutturata su quattro assi prioritari che riguardano: prevenzione, vigilanza e contrasto al fenomeno, protezione e assistenza per le vittime, loro re-integrazione socio lavorativa. Per ognuno di tali assi, il Piano individua le azioni prioritarie da intraprendere che coinvolgono, in un modello di governance multilivello, le diverse amministrazioni a livello centrale, regionale e locale.
Negli ultimi anni il MCL, nel suo impegno per il lavoro e i lavoratori e lavoratrici, ha avviato diverse campagne di sensibilizzazione contro il fenomeno dello sfruttamento agricolo, grazie anche ad una progettualità cofinanziata proprio dal Ministero del Lavoro nel 2015 dal titolo “Alla luce del sole”.
Una proposta progettuale questa del Movimento che ha promosso interventi sperimentali volti a contrastare l’illegale sfruttamento della manodopera nel settore agricolo primario, con specifico riferimento all’impiego irregolare degli stranieri nelle attività stagionali di raccolta di prodotti agricoli. Una metodologia, quella messa in campo, che ha garantito adeguate condizioni di vita e di lavoro agli stranieri intercettati, anche in collaborazione con gli enti locali dei territori coinvolti.
Grazie a queste azioni il MCL è tra gli attori sociali coinvolti nel nuovo piano di azione nazionale contribuendo al sistema informativo con informazioni provenienti da diverse banche dati del territorio, ove il Movimento opera grazie ad una metodologia di condivisione di informazioni e dati.
Una delle questioni principali affrontate nelle diverse consultazioni che hanno portato alla elaborazione del Piano Triennale è stata l’informazione e la sensibilizzazione su cui il MCL si è speso molto, basta citare anche le recenti iniziative nel Calatino in Sicilia grazie ad operatori volontari del Movimento impegnati a dare informazioni sulla nuova regolarizzazione partita con il click day del primo giugno. In questi anni ci siamo resi conto che molti lavoratori e lavoratrici, soprattutto i cittadini di altri Paesi, non hanno accesso alle informazioni sui loro diritti, sulle condizioni di lavoro e sui servizi disponibili presso le istituzioni pubbliche, le organizzazioni intermedie, le associazioni del terzo settore ed altri attori. Entrare nei ghetti così denominati non è così semplice, ma la nostra natura di promozione sociale ci impone quasi questo compito. I ghetti sono, di solito, luoghi isolati lontani dai centri urbani; spesso nascono e crescono in borgate abbandonate, dove i migranti senza fissa dimora si stabiliscono e costruiscono case di fortuna senza acqua né altri servizi. Dalle testimonianze di alcuni abitanti è difatti emerso che i caporali radunano la forza lavoro nella principale piazza del paese in questione e tra loro scelgono i lavoratori giornalieri. Insomma come andare al mercato e scegliere la merce. Questo dramma sociale e umano ha incoraggiato organizzazioni come la nostra a proporre iniziative per dare un volto agli invisibili oltre la fase di regolarizzazione di cui tanto si è discusso in queste settimane.
Cosa ci aspettiamo da questo lavoro? Sicuramente una strategia di prevenzione, informazione e contrasto dello sfruttamento lavorativo in agricoltura e, allo stesso tempo, la nascita di sinergie tra le iniziative poste in essere a livello nazionale e locale a partire dalla nuova fase di programmazione finanziaria dei fondi messi a disposizione dal Programma operativo nazionale per l’inclusione dei migranti, perché non sono un numero da organizzare ma uomini e donne che spesso non scelgono ma vengono scelti. Il contrasto al fenomeno dello sfruttamento lavorativo non può essere solo una parentesi stagionale e a puntate, ma deve avere una continuità e deve esprimersi attraverso azioni e interventi concreti con il solo obiettivo di rendere il lavoro nei campi un Lavoro Degno.
Maria Pangaro
Direttore Efal -Mcl