Non vi è alcun dubbio che come la pandemia rappresenti il maggior rischio degli ultimi cento anni per la salute dei popoli europei, così l’Unione Europea sia di fronte ad un passaggio difficile e decisivo per il suo futuro, come mai era accaduto dalla sua costituzione.
Ed è proprio in questi momenti che occorre porsi la domanda fondamentale: è ancora necessario continuare a ricercare l’unità dell’Europa?
Se si dovesse rispondere sulla base dei principi e della storia, cioè dei valori e dell’esperienza del passato, sarebbe facile assentire per la semplice constatazione che è stato il percorso unificante ad assicurare il più lungo periodo di pace e di sviluppo per il nostro continente.
Ma c’è un altro aspetto da considerare sul quale, invece, si gioca il nostro futuro. La scena politica internazionale è influenzata dagli interessi geopolitici delle grandi realtà continentali; da Nazioni, cioè, che per dimensione e forza economica sono in grado di proiettare la loro influenza ben oltre i loro stessi confini: Stati Uniti, Cina, Russia. Anche se con l’America le nazioni europee possono definirsi una comunità euro atlantica, tuttavia lo stesso fatto di esserne parte, richiede una forza ed una assunzione di responsabilità praticabili solo in una condizione europea di una comune unità di intenti.
E’ la stessa dura realtà internazionale che non ci consente altra scelta. Non ci può essere un futuro adeguato per ogni singola nazione europea, sul piano politico, economico e sociale, se non nell’unità dell’Europa. Tutto ciò pur essere definito come il nostro destino comune.
Le trattative che si stanno svolgendo nell’ambito dell’Eurogruppo per far fronte alle conseguenze sul piano economico e sociale della pandemia in atto e che, poi, vedranno la conferma da parte del Consiglio europeo, non potevano che essere difficili, con il rischio di aprire contrasti insanabili. L’Europa ha economie diverse, strutture sociali e aree disomogenee, organizzazioni amministrative e metodi che risentono di storie differenti che, nei passaggi complessi si evidenziano e fanno emergere proposte a volte contrapposte. Non è questo il problema.
Emergono, di conseguenza, sollecitazioni verso due opposte direzioni: tra chi ritiene che si debba procedere per proprio conto, ritornando ad uno schema politico nazionalista e chi invece sollecita una integrazione più ampia, magari forzando le volontà, spesso rifugiandosi in uno schematismo normativo. Ed anche questo è da metter nel conto di un cammino non facile e di opinioni, interessi e capacità di comprendere il futuro di diversa caratura.
La questione vera è rappresentata dalla capacità di trovare la strada giusta, cioè quel compromesso che ottenga il massimo delle ragioni di ognuno, ma che salvaguardi il bene principale, cioè l’unità dell’Europa, la solidità del sua soggettività politica, la solidarietà senza la quale mai essa si potrà definire una Nazione. Perché c’è una differenza tra un mercato ed una moneta unica, tra una zona di libera circolazione ed una Nazione. Questa è una comunità quando realizza che il giusto problema di ognuno diventa il problema di tutti.
Come sempre deve avvenire, il passaggio più difficile viene rimesso a chi possa essere ritenuto il più forte, nel senso di colui al quale è più necessaria, per ragioni storiche, l’unità europea. Per comprendere meglio: la responsabilità maggiore per trovare la soluzione alle divisioni che incombono, spetta alla Germania, cioè alla Nazione che nell’unità europea ha trovato la soluzione definitiva alle sue tragedie storiche. La nazione senza la quale l’Europa naufragherebbe tra i piccoli egoismi o le tentazioni della “grandezza” nazionalista. Una Germania che superi le tentazioni del ricco mercantilismo o delle aree di influenza o di assi politici ormai desueti.
Essa ha una leader importante e la presidenza della Commissione, il principale organismo politico dell’Europa. Due personalità politiche che hanno radici nel solidarismo del popolarismo europeo. A chi possiede tali capacità, responsabilità e visioni politiche compete il dovere di agire.
Pietro Giubilo