Cari amici,
siamo arrivati a questa Conferenza dopo un percorso che in questi mesi ha visto il Movimento impegnato in un dibattito attento, ricco, complesso, interessante, stimolante, politico, valoriale, con le problematiche della società di oggi, e con alla base, il cardine della Dottrina Sociale della Chiesa.
E’ stato un dibattito propositivo, inquadrato in una verifica del cammino svolto dal nostro Movimento, a due anni dal Congresso Nazionale, per progettare un futuro ambizioso nella riproposizione dei valori e degli ideali che da oltre trent’anni (sono stati trentacinque, poche settimane fa) ci contraddistinguono.
Io penso e spero che le tesi guida del dibattito associativo per il Congresso, abbiano ancora sollecitato il nostro desiderio di testimonianza profetica.
In questi due anni abbiamo vissuto momenti intensi ed interessanti, ci siamo arricchiti e siamo ancora cresciuti: nella mente e nel cuore.
In un periodo difficile della storia della Chiesa, in cui la fede - e i cristiani - sono messi alla prova da più parti, è necessario avere chiara la strada che si vuole continuare ad intraprendere, così da rendere credibile la nostra presenza e difendere la fede della Chiesa e la cultura radicata nel cristianesimo.
Contribuiremo così ad evidenziare idee, valori e scelte di vita in cui i cristiani, e quanti condividono la preoccupazione per le sorti dell’umanità, devono far riferimento.
I riferimenti per i credenti non si possono annacquare, perché sono quelli evangelici, se non ci si vuole “mischiare” con un mondo che dimentica le proprie radici lasciandosi dominare dal materialismo. Ma anche per avere “le carte in regola” per intervenire su questioni politicamente scottanti, come la pace ed il terrorismo, il matrimonio e le coppie omosessuali, la procreazione assistita, l’eutanasia e poter prendere posizioni decise contro quanto minaccia la Chiesa, e la nostra stessa civiltà.
Per fare questo è necessario essere attivamente partecipi di un progetto culturale orientato in senso cristiano e quindi di grande importanza anche per il servizio alla Chiesa ed al Paese e per lo sviluppo di un’azione politica cristianamente ispirata. Gli orientamenti culturali hanno un indubbio rapporto con la vita sociale, ivi compresa la formazione del consenso politico.
EDUCARE AL BENE COMUNE .
Le ultime Settimane Sociali hanno affermato che “agli occhi della storia non si può non riconoscere ai cattolici l’apporto fondamentale dato alla società italiana e alla sua crescita, nella prospettiva del bene comune.
E’ necessario alimentare la consapevolezza, non solo fra i cattolici ma in tutti gli italiani, del fatto che la presenza cattolica - come pensiero, come cultura, come esperienza politica e sociale - è stata il fattore fondamentale e imprescindibile nella storia del paese”. Per il passato, e in differenti condizioni, l’apporto dei cattolici è stato essenziale per la vita del paese: per il futuro l’Italia non potrà farne a meno, né potrà prescindere da tale apporto.
Anche se la presenza pubblica e politica del cattolicesimo è sovente, e da più parti, ostacolata: con una pretesa a bandire le posizioni cattoliche dallo spazio pubblico e a vederle relegate nell’ambito privato. E’ chiaro che ciò non è conforme né al principio di libertà, né a quello di una mera tolleranza, né, tanto meno, alla realtà di una effettiva democrazia, nella quale tutti sono chiamati a contribuire al perseguimento del bene comune.
Ma deve essere chiaro a tutti, che i cattolici non hanno nessuna volontà di abdicare ai diritti e alle responsabilità loro derivanti dalla cittadinanza. Per fare questo è necessario che la comunità cristiana riacquisti consapevolezza di formare e spronare all’impegno socio-politico.
Occorre oggi ricominciare ad “accumulare” idee, culture, progetti, ma anche a sperimentare esperienze concrete, perché, nel contesto così mutato dalla post-modernità, i cattolici siano ancora in grado di dare il loro contributo alla vita del Paese. Solo così si eviterà quella tentazione dallo “straniamento dalle sorti del nostro Paese” risuonato durante il recente Convegno ecclesiale di Verona.
Si tratta di “farsi carico” - è stato detto proprio a Verona - “delle aspettative più autentiche e dei bisogni più profondi del paese intero, della sua domanda - che cresce e si diffonde - di non cadere definitivamente nell’apatia”; tenendo conto che, come ha affermato il prof. Ornaghi “è facile prevedere, che negli anni che ci attendono, il gioco democratico ci porrà di fronte alle grandi questioni della politica: da quelle che direttamente determinano ciò che oramai chiamiamo il ‘bene-essere’ di ogni persona e di tutta la comunità, a quelle della sicurezza nei momenti straordinari e ordinari di una collettività, sino a quelle della biopolitica e di un’etica pubblica realmente credente e praticante”.
“ I cattolici rivendicano con forza - è stato affermato nel documento preparatorio delle Settimane Sociali - una concezione di laicità che non è un’ideologia, né un’idea di parte o una parte politica, ma nient’altro che la casa comune le cui mura sono costituite dai valori in sé non negoziabili nei conflitti che caratterizzano la vita di una democrazia”.
Una laicità positiva che ci aiuti a prepararci adeguatamente alle sfide che il mutato contesto culturale comporta. Se infatti si vuole - come peraltro è doveroso - dare un contributo costruttivo alla vita dei cattolici, ciò deve avvenire motivando in termini razionali, ( e quindi condivisibili da ogni uomo di buona volontà) le posizioni etiche, sociali, giuridiche, politiche proprie dei cattolici.
Benedetto XVI, nell’enciclica Deus Caritas est, afferma che la fede è una forza purificatrice per la ragione: “partendo dalla prospettiva di Dio, la libera dai suoi accanimenti e perciò l’aiuta ad essere meglio se stessa. La fede permette alla ragione di svolgere in modo migliore il suo compito e di vedere meglio ciò che le è proprio”. E’ necessario recuperare il valore di un equilibrato rapporto tra fede e ragione: per il cristiano la ragione è donata da Dio ad ogni uomo ed è la prima e originaria fonte di luce per cercare la verità, per orientare nella bontà delle scelte, per cogliere i criteri primi per distinguere il vero dal falso ed il bene dal male.
E’ giunto il momento nel quale i cattolici italiani rappresentino chiaramente che il futuro del nostro Paese non potrà prescindere dalla loro pre-senza costitutiva e dal loro apporto irrinunciabile (e ciò “necessita” anche per l’Europa: nella quale continuiamo a credere…..).
Prima ancora è necessario far comprendere alla comunità cristiana (e ai suoi componenti) la necessità di tale impegno e l’urgenza di una forma-zione a tale impegno: il MCL si “batterà”, con forza, per questo.
In particolare occorre formare le giovani generazioni, generose ma restie, anche per le troppe disillusioni, al senso della responsabilità e dell’impegno sociale e politico, ripartendo dall’idea fondamentale del bene comune che tale impegno deve fondere e sorreggere.
UN PROGETTO CULTURALE
Gli orientamenti culturali hanno un indubbio rapporto con la vita sociale, ivi compresa la formazione del consenso politico. La messa in opera di un progetto culturale orientato in senso cristiano è, quindi, di grande importanza anche per il servizio della Chiesa al Paese e per lo sviluppo di un’azione politica cristianamente ispirata: il MCL a questo progetto deve partecipare, essere parte attiva, soprattutto adesso che la CEI ha nominato il Card. Ruini a presiedere il comitato, appositamente costituito, finalizzato a promuoverlo.
Per realizzare un progetto culturale di ispirazione cristiana, è anzitutto indispensabile che si condividano quegli orientamenti che scaturiscono dalla fede stessa.
Per noi si pongono con forza rinnovata il tema e le sfide dell’identità: culturale e comunitarie, e non solo a livello italiano, ma anche europeo.
Soltanto il recupero di questa identità profonda potrà, sul lungo periodo, evitare sia la decadenza della nostra civiltà, sia la marginalità del cristianesimo rispetto al divenire della storia.
Per rispondere a queste “esigenze” è necessaria una “ grande alleanza educativa” fra scuola e famiglia.
Uno snodo essenziale di un progetto culturale riguarda la scuola, l’università e le altre agenzie educative, e i modi in cui esse sono concepite e realizzate, affinché anche il pensiero e l’esperienza cristiana possano dare il loro apporto ai processi di formazione della persona, non limitabili ad un’apparentemente neutra trasmissione di abilità, di dati e di informazioni.
E questo vale soprattutto per l’Università pubblica in grande crisi (salvo rare eccezioni).
Un obiettivo essenziale è quello di far sentire all’intera società civile, e in particolare alle famiglie (ed agli stessi alunni), la scuola, come un bene proprio e prezioso.
IL RUOLO DELLA FAMIGLIA
E’ ben noto il ruolo che la famiglia svolge nel concreto della vita so-ciale, facendosi carico di una molteplicità di problemi, di oneri, e rime-diando, in grandissima misura, alle carenze ed alle disfunzione dei servizi pubblici. Ma sono ugualmente note le difficoltà e i condizionamenti culturali e sociali a cui la famiglia è sottoposta e che hanno la loro espressione più grave e vistosa in quel triste primato della denatalità che da vari anni appartiene al nostro Paese, (ma è ormai un problema che riguarda tutta l’Europa), e rappresenta la principale, sebbene finora poco avvertita, minaccia per il futuro.
E’ pertanto una questione di giustizia nei confronti dei cittadini e un interesse fondamentale della comunità nazionale por mano, con urgenza , a una politica organica in favore delle famiglie, che non sia soltanto il doveroso aiuto alle famiglie più povere, il cui numero è in costante aumento, ma che comprenda la previdenza, il trattamento fiscale, la casa, i servizi sociali, l’insieme delle condizioni per non penalizzare la maturità e l’educazione dei figli.
Mentre rinnoviamo queste richieste non possiamo non evidenziare “le colpe del Governo” che tante promesse aveva fatto anche alla Conferenza Nazionale per le famiglie che si è tenuto, a Firenze nel maggio scorso, sull’onda della grande mobilitazione popolare del Family Day. Per fortuna la famiglia italiana è ancora solida e non soltanto “in crisi”, come si è soliti dire. Questa solidità appare chiaramente sul versante economico, dove la solidarietà familiare è ancora grande, ma la mia impressione è che anche sul piano dei valori morali e comportamentali la famiglia riesce a trasmettere di più di quel che spesso si pensa e si dice. Ciò che invece manca, o è troppo debole, è il riconoscimento nella cultura pubblica del valore sociale dei ruoli familiari, e quindi la plausibilità sociale della missione educativa delle famiglie.
Una simile mancanza è causata, tra l’altro, dall’industria dei consumi, che è al contempo industria della cultura, ed ha la tendenza a escludere la memoria del passato, a livellare, a sradicare.
Questa mancanza pesa molto e compromette la trasmissione dei valori da una generazione all’altra. Così i genitori si sentono soli e impotenti, anche quando vorrebbero assumere, seriamente e responsabilmente, il proprio ruolo educativo.
Un tema cruciale per la costruzione del futuro è il rapporto tra le generazioni (al Congresso abbiamo parlato di “Patto fra generazioni”), e quindi la famiglia, è spazio elementare e primo nel quale si attua questo rapporto; anche sotto il suo profilo principale che è quello educativo: della formazione dell’uomo e della trasmissione di culture e tradizioni.
Ma questo, penso, vale anche per la “famiglia” del nostro Movimento, se vogliamo dare continuità e solidità al nostro impegno di questi trenta-cinque anni.
LA POSTA IN GIOCO
Colpisce l’incapacità, o la non volontà, di molti di prendere in considerazione lo “spessore” della posta in gioco, che ruota in ultima analisi intorno alle domande sulla natura e sulla dignità dell’essere umano.
Sugli interrogativi su chi egli realmente sia, sui suoi rapporti con il mondo e con la natura, ma anche nelle questioni che riguardano l’evolversi dei suoi comportamenti personali e sociali e le nuove, e rapidamente crescenti, possibilità di intervento sulla sua stessa realtà che la scienza e la tecnologia stanno operando: le novità e le implicazioni di quella che viene indicata come “questione antropologica” .
Deve crescere invece in tutti la consapevolezza, circa la necessità e l’urgenza di cercare di lavorare insieme anche per un’effettiva opera di rievangelizzazione del nostro popolo.
Sta crescendo, per la verità, in questi anni, e in maniera visibile (anche se fra non poche difficoltà) il ruolo della Chiesa e, “sulla spinta” di essa, dei cattolici in alcuni aspetti qualificanti della vita dell’Italia: in particolare nel porre all’attenzione di tutti proprio il significato e le implicazione della nuova “questione antropologica”.
In questo contesto si sono formate, o hanno intensificato la loro presenza, realtà come il Forum delle Famiglie, Scienza e Vita, e, recentemente, Retinopera, con una “forte unità” fra i cattolici e una assai significativa convergenza con esponenti della cultura laica. Per queste realtà, il MCL ha svolto un ruolo importante, (spesso determinante), di stimolo, di traino, di presa di coscienza complessiva dei problemi: con grande passione e con evidenti risultati.
Si è potuto interpretare così, come è apparso specialmente in occa-sione del referendum sulla procreazione assistita e per il Family Day, il “sentire profondo” di gran parte del nostro popolo.
Ho voluto ricordare questi aspetti di crescita, non per nascondere le difficoltà che persistono (e gli ostacoli che giornalmente incontriamo) nella presenza cristiana in Italia, ma per mostrare come giudizi ed atteggiamenti improntati alla “stanchezza e al pessimismo che esistono, anche all’interno della Chiesa e di parte del mondo cattolico”, (rappresentanti di un “pensiero debole”) si rivelino unilaterali già sul piano dei fatti e dell’esperienza: e comunque perdenti!. Guardiamo a questi “segnali” di crescita di una nuova presenza dei cattolici con grande fiducia e speranza.
IL LAVORO
Il lavoro per noi resta il tema centrale del nostro pensare ed agire. Ciò rappresenta l’elemento costitutivo del nostro Movimento, perché scritto in modo chiaro e facilmente decifrabile nel nostro codice genetico.
“Il lavoro come valore” abbiamo sottolineato nel documento-contributo del MCL alle Settimane Sociali.
L’insegnamento sociale della Chiesa sul lavoro viene ben esposto nel Compendio della Dottrina Sociale e serve per riaffermare la nostra coscienza umana, cristiana e civile di fronte alle sfide provenienti dalle molteplici e complesse problematiche che riguardano il lavoro umano.
1) Il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro;
2) Il lavoro umano possiede un’intrinseca dimensione sociale;
3) Il lavoro è un diritto fondamentale ed è un bene per l’uomo;
4) Il lavoro è anche un obbligo, cioè un dovere per l’uomo;
5) Il lavoro è superiore ad ogni altro fattore di produzione;
6) Il lavoro deve incentivare la partecipazione dei lavoratori alle
proprietà, alla sua gestione, ai suoi frutti;
7) I problemi dell’occupazione chiamano in causa la responsabili-tà dello Stato, al quale compete il dovere di promuovere politi-che attive del lavoro;
8) Il lavoro deve essere il fondamento su cui si forma la vita familiare;
9) I diritti dei lavoratori, come tutti gli altri diritti, si basano sulla dignità della persona umana;
10) Va riconosciuto il ruolo fondamentale svolto dai sindacati dei lavoratori.
Questo decalogo sul lavoro è una grande lezione che ci offre la Chiesa e può educarci a inserire nell’attività sociale ed economica il senso della giustizia e della solidarietà.
E’ indispensabile, quindi, per un movimento di lavoratori, avere sempre più grande attenzione a queste problematiche, a questi scenari.
L’obiettivo primario di incrementare il tasso di (buona) occupazione è perseguibile cambiando in profondità l’approccio culturale verso le politiche del lavoro, come già avvenuto in diversi Paesi europei, sulla base di alcuni presupposti, (tenendo ben presente il problema dei bassi salari, e anche della produttività):
- i fabbisogni di flessibilità del sistema produttivo sono nel contempo una condizione strutturale ineludibile del cambiamento come per la crescita economica ed occupazionale. Essi derivano dalla combinazione delle innovazioni tecnologiche dei cambiamenti organizzativi e dal mutamento delle domande dei consumatori. Non sono solo fonte di rischio, ma soprattutto una opportunità di innovazione, di nuove occupazioni, di migliorare la qualità della vita;
- le tutele riguardanti i rischi impliciti di questi cambiamenti ed in particolare la perdita, involontaria del lavoro, devono essere perseguiti attraverso politiche attive che forniscono l’accrescimento delle com-petenze ed il rapido inserimento, o reinserimento, al lavoro. Politiche
attive che vanno considerate come buoni sostegni al reddito legati alla perdita involontaria del lavoro;
- al contrario, ossessive rigidità normative, nell’ambito del rapporto di lavoro, oltre che diminuire la propensione alla creazione di nuove opportunità di lavoro, trasferiscono i rischi derivanti dalla flessibilità verso i settori più deboli del mercato del lavoro con derive corporati-ve che hanno assunto evidenza anche nel mondo del lavoro dipen-dente tra settori, dimensioni di impresa, tipologie contrattuali;
- l’incremento del tasso di occupazione in generale, e quello specifico delle donne, giovani, anziani, deve orientare in maniera specifica le nuove politiche del lavoro. Il nostro mercato del lavoro è caratteriz-zato da un basso tasso di inclusione, da inaccettabili squilibri territo-riali e da una vasta presenza del lavoro sommerso. Criticità che, in buona parte, coincidono con incapacità di offrire buone opportunità occupazionali ai giovani e donne ed evidenziano condizioni di preca-rietà che vanno ben oltre la dimensione del lavoro a termine;
- è necessario distinguere le politiche del lavoro dagli interventi che, a vario titolo, hanno caratteristiche assistenziali;
- deve essere garantito una ragionevole protezione a tutti coloro che perdono involontariamente il lavoro, proporzionato temporalmente e per le entità finanziarie, in base all’età e alle condizioni familiari.
Serve inoltre un programma finalizzato alla “qualificazione” dei flussi migratori. Esso deve prevedere la realizzazione dei servizi per la sele-zione e la formazione nei paesi di origine.
IMMIGRAZIONE E LAVORO: RIFORME DA FARE INSIEME.
La bassa qualità delle nostre politiche per l’immigrazione emerge in tutta evidenza ogni qualvolta la presenza degli immigrati incrocia non solo i problemi legati alla sicurezza, ma anche la qualità del nostro mercato del lavoro, tanto da far ritenere che ormai ci sia una equivalenza tra l’affrontare le problematiche legate all’immigrazione e la necessità di migliorare la qualità del nostro mercato del lavoro. Occorre “rifocalizzare” le nostre politiche per rimediare ad almeno due criticità.
La prima è rappresentata dagli eccessi di tolleranza verso i comportamenti illegali: dall’abusivismo, al lavoro nero, alla microcriminalità. Non è raro che questi comportamenti vengano giustificati in ragione della povertà dei ceti coinvolti, sottovalutandone le forme organizzate dalla criminalità. Il nostro Paese viene così considerato un terreno fertile per le azioni illegali, nella ragionevole prospettiva di “farla franca”, oppure di essere blandamente sanzionati. Senza una inversione di tendenza diventa difficile regolare flussi migratori, come contrastare l’economia sommersa; ed anche prevedere maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro (altra grande “piaga” dell’Italia).
Un secondo vizio consiste nella tendenza ad ideologizzare la lettura dei problemi e degli interventi nel campo delle politiche del lavoro e della sicurezza. Pertanto gli immigrati sono inevitabilmente buoni e, anche quando delinquono, lo fanno in ragione delle condizioni di indigenza sociale, oppure sono irrimediabilmente cattivi e nei loro confronti va praticato un ostracismo feroce.
Abbandonare gli approcci ideologici verso le politiche del lavoro è condizione indispensabile per valutarle in ragione dei risultati ottenuti e non per “partito preso”. Questo vale tanto per le politiche rivolte all’immigrazione quanto per quelle del lavoro, più in generale (vedi “dibat-tito” sulla Legge Biagi).
Per affrontare i nuovi scenari è indispensabile un sindacato forte, riformista, partecipativo.
Molte delle trasformazioni che hanno investito la società, la politica, l’economia, hanno trovato il sindacato impegnato: ma qualche volta, parte del sindacato, si è trovato impreparato ed in colpevole ritardo. Anche il sindacato è chiamato a fare i conti con i cambiamenti e deve elaborare strumenti di pensiero flessibili e attenti ai nuovi scenari. Ci conforta che questi concetti “sono propri” anche della CISL di Raffaelle Bonanni (il nostro sindacato di riferimento). La CISL è ancora una volta chiamata a farsi carico dell’evoluzione del movimento sindacale italiano, in un grande soggetto sociale, capace di leggere il mutamento e starci dentro con un proprio
progetto, non negandolo ideologicamente o delegandolo interamente alla politica, ma neppure semplicemente, subendolo: un sindacato partner del cambiamento e non della conservazione.
Un vero sindacato riformista e partecipativo deve incalzare la CGIL sul “modello di sindacato” affinché superi definitivamente i residui della cultura di un antagonismo ideologico, ormai estraneo alla logica del sindacalismo europeo. L’altra vera sfida è quella dell’autonomia: vera, coerente, trasparente, da tutti i partiti politici, da tutti i Governi, da tutti i centri di po-tere. Siamo vicini alla CISL in questo percorso, così come nella battaglia per la revisione del modello e dei livelli contrattuali, per rafforzare così il secondo livello.
RIFORMARE LA POLITICA
C’è molto “malumore” tra i cittadini per la scarsa efficienza della politica.
I partiti (tutti) farebbero male e sottovalutare la dimensione e la gravità del disagio.
Il futuro dell’Italia, un’Italia sfiduciata ed impoverita, è esclusiva-mente nelle mani della sua classe dirigente. Siamo convinti che la difficoltà di rapporto tra la politica e la società italiana non è insormontabile, se viene messa in campo una politica che:
- si misura con i problemi reali, confronta proposte senza pregiudiziali ideologiche, riscopre il valore della mediazione, e del riformismo moderato e graduale;
- riconosce l’apporto autonomo delle organizzazioni sociali e costruisce, nella chiarezza delle posizioni e delle responsabilità, il dialogo e la concertazione, lavorando per la coesione sociale;
- rifiuta la logica “alternativa” della “rivincita abrogativa” sulle questioni già affrontate dal precedente governo;
- promuove “unità” in un mondo politico dove, invece, prevale il gioco distruttivo dello scontro e della delegittimazione reciproca.
Tutto ciò è l’opposto del degrado di questo bipolarismo coatto ed antagonista, dominato dalle minoranze estreme, che ha deluso tutte le aspetta-tive di partecipazione e di efficienza dei cittadini, al punto di sottrarci per-fino il diritto di scegliere le persone che devono rappresentarci in Parlamento! (e per essere estremamente chiaro ciò avveniva anche con la precedente legge elettorale!).
All’Italia, ed al suo sviluppo, i problemi, prima che dall’economia, vengono dalla politica, dalla sua debolezza, rispetto alle grandi lobby ed alle corporazioni organizzate in potentissimi gruppi di potere e di pressione; 18
e dalla sua inefficienza, che rende ancora più intollerabili i suoi costi abnormi.
Quella italiana è una lunga transizione che sta minando, giorno dopo giorno, le stesse istituzioni.
E’ necessario lavorare per un assetto politico più congeniale alle vere esigenze del Paese, superando quello appena andato in crisi, assolutamente inadeguato, minoritario nel Paese, ed incapace di una politica che privilegi gli interessi generali.
E’ dall’inizio della legislatura, con la precarietà di una maggioranza politica al Senato, che il MCL sostiene l’opportunità di un’assunzione di responsabilità bipartisan, almeno sulle questioni decisive del Paese: il Go-verno ne sarebbe uscito con un consuntivo meno fallimentare e avrebbe fatto di più gli interessi del Paese! Un Governo presentatosi come portatore di volontà e visioni realizzatrici assai superiori a quelle dei suoi avversari è mancato clamorosamente alle promesse, creando un sentimento di disillusione profonda nell’opinione pubblica. Sentimento accresciuto dalla presenza, anche ai vertici, di un personale politico troppo di frequente demagogico, di cui il ministro Pecoraro Scanio è stato l’esempio emblematico!
L’impegno leale bipartisan sulle cose essenziali, a sostegno della “famiglia Italia”, nei momenti di grande difficoltà è la riforma più sentita dai cittadini. Ed è quella che rende più credibile qualsiasi proposta di riforma istituzionale, di cui tutti avvertiamo l’esigenza.
Insistiamo da tempo: abbiamo bisogno di un clima diverso fra i due poli perché ripercorrere l’esperienza di riforme a colpi di maggioranza, su cui si sono cimentati alternativamente ambedue gli schieramenti, non ha avuto fortuna.
Ma per il MCL, che pur ha opinioni consolidate su quali riforme occorre-rebbero, (ad iniziare dal federalismo fiscale) ce n’è una importante, che è da tempo al centro del dibattito. E’ quella di poter scegliere, e senza inter-mediari, i nostri parlamentari per ripristinare un rapporto tra loro e i nostri territori. Un sistema elettorale proporzionale, che garantisce il massimo di partecipazione, rappresentatività, salvaguardia delle identità politiche e cul-turali, (magari con una soglia di “sbarramento” per evitare l’eccessivo frazionismo e possibilmente con il ripristino del voto di preferenza).
I partiti che dichiarano di avere una vocazione maggioritaria dimostrino di essere in grado di conquistarla sul campo e non attraverso sistemi elettorali costrittivi!
Se questo non è stato possibile adesso, continueremo a lavorare in questa direzione nei prossimi mesi, nei prossimi anni.
Il MCL ha guardato e guarda con grande attenzione “agli sforzi” per raggiungere, sulla riforma elettorale, ad un accordo, ritenendo il risultato che uscirebbe dal referendum, con l’omologazione forzata in due partiti, in netta antitesi con la rivendicazione di una identità popolare e cristiana, che
a noi sta particolarmente a cuore, e quindi la negazione più assoluta della partecipazione. Per lo spessore etico e progettuale della politica non c’è democrazia senza partiti, senza la loro funzione ed interpretazione, di orientamento e di formazione.
Ma perché siano soggetti e luogo di partecipazione democratica dovrebbero guardarsi dall’eccessivo presidenzialismo (leaderismo), dalla logica della cooptazione e conseguentemente da modelli organizzativi evanescenti. Ed a nostro parere non dovrebbero “mortificare i cattolici”, ma valorizzare con forza i nostri valori, le nostre tradizioni.
E’ nella dimensione sociale, in un contesto di sussidiarietà solidale, di democrazia partecipativa e nei principi di un popolarismo cattolico che la politica ritrova le sue ragioni morali, quella valenza umana che dà fiducia alle persone rispetto all’agire comune, all’assunzione di responsabilità, al “prendere parte”, al ritrovare una passione politica.
Così, solo così, legittima il suo potere, dà senso e rende feconde le sue competizioni.
E per essere ulteriormente chiaro, avvicinandoci alle elezioni politiche, il Card. Bagnasco, Presidente della CEI, recentemente, parlando della “Responsabilità dei politici cattolici” ha affermato: “quando si tratta di avviare proposte legislative che vanno in senso contrario all’antropologia razionale cristiana i cattolici non possono in coscienza, concorrervi. Non possono esistere vincoli esterni di mandato, in quanto la coscienza è ambito interno alla persona e quindi obiettivamente non sindacabile. Il voto di coscienza, in realtà è una risorsa a servizio della politica buona e dunque può e deve diventare una scelta trasversale rispetto agli schieramenti”. E’ questa una indicazione sicuramente da seguire.
LA NOSTRA ORGANIZZAZIONE:
TRA IDENTITA’ E RINNOVAMENTO
Vogliamo cogliere questa occasione per ribadire, ancora una volta, la nostra posizione di autonomia, come segno di forte identità, che “non fa sconti” a nessuno nel valutare le politiche dei governi e le scelte dei partiti.
Questa vocazione autonomista, questa identità storica del MCL, intende restare tale per tenere testa, (e avere titoli per intervenire), di fronte agli impegni di rinnovamento che riguardano il mondo politico, ma anche tutto il mondo dell’associazionismo.
Nasce da qui l’esigenza di un progetto di rilancio strutturale e di un impegnativo dibattito, con la precisa intenzione di sottolineare, accanto al momento della “identità”, anche quello del “rinnovamento”, che deve coinvolgere l’intera organizzazione in un processo di riflessione e decisione da qui al prossimo Congresso Nazionale.
Occorre dare puntuali risposte alle domande provenienti dal nostro interno, ma anche da tutto ciò che ci circonda, consapevoli della grande crescita e delle tante attenzioni, e speranze, risposte su di noi nella nostra società, nei luoghi di lavoro, nell’insieme della società civile.
Bisognerà così ricalibrare, con il dovuto realismo, le modalità di rappresentanza del nostro modello associativo tenendo presente le emergenti esigenze del mondo giovanile, dell’universo femminile e degli immigrati, dello sviluppo dei Servizi, coniugando le ragioni di una integrazione tra modelli organizzativi verticali e momenti territoriali, con particolare atten-zione al livello regionale (a cui ancora non abbiamo dato risposte definiti-ve), alla presenza delle grandi Aree Urbane, al ruolo dei nostri circoli.
Su questo processo di messa a punto, di nuova visione partecipativa, il nostro modello di associazionismo aperto deve tendere e rafforzare il ruolo dei nostri iscritti in un nuovo sistema di relazioni organizzative.
Ne discuteremo, valuteremo proposte e opportunità, inizieremo un percorso che deve portare tutta l’organizzazione all’appuntamento con il prossimo Congresso in una visione coerente di rilancio e sguardo al futuro.
Un progetto ambizioso? Forse, ma noi ci proviamo lo stesso, con grande passione. In questa prospettiva vorrei richiamare alcune priorità interne per noi di grande importanza:
a) LA FORMAZIONE - Globalizzazione, nuove tecnologie, nuovi strumenti organizzativi, cambiamenti nella cultura e nei comportamenti: sono tutti fattori che ci impongono di lavorare con quadri e dirigenti preparati (ad ogni livello), competenti, e motivati. La formazione, sempre più, deve diventare leva strategica per l’organizzazione. I passi avanti fatti, pur rilevanti, non sono assolu-tamente sufficienti;
b) I GIOVANI – Una risorsa importantissima, a cui dedicare sempre maggiore attenzione (ho detto più volte). L’assemblea Nazionale dell’estate scorsa, le elezioni degli organismi giovanili, sono una tappa di un percorso che deve proseguire con maggiore determinazione;
c) I SERVIZI MCL – Ho detto al Congresso che i nostri Servizi “sono il fiore all’occhiello del MCL”. Ma si trovano di fronte ad una sfi-da: fare un salto di qualità per rispondere alle domande sempre cre-scenti di “più servizi”, “riarticolando” la nostra presenza organizzativa. L’attenzione verso il nuovo deve concentrarsi su alcune “aree” già individuate e sottolineate:
- consumatori, immigrati, periferie della grandi città, nuovi servizi in agricoltura, ecc. Dobbiamo andare assolutamente in questa direzione, verso nuove aree di sofferenze, verso nuove opportunità, partendo dalla “struttura”, l’esperienza, la pro-
fessionalità, dei Servizi nazionali storici: che devono essere aperti a queste nuove prospettive. Questo comporta maggiore attenzione verso i “quadri tecnici”, un’attenzione che vuol di-re anche ricerca di nuove professionalità qualificate, e, nel contempo, dar vita ad un grande processo di aggiornamento e di formazione.
d) I CIRCOLI – E’ indispensabile accentuare il rilancio del ruolo formativo dei circoli (oltre che ricreativo ed assistenziale: pure importante), e la loro “vicinanza” con le parrocchie. I circoli sono le nostre “antenne” sul territorio: da proteggere e da potenziare. E’ que-sto un impegno a cui, in primis, le presidenze provinciali non pos-sono sottrarsi;
e) I NOSTRI LAVORATORI ALL’ESTERO – A questi amici un grazie particolare, con il riconoscimento di un impegno costante, coerente, appassionato, per tenere alte cultura e tradizioni del nostro Paese, issando la bandiera del MCL. Dobbiamo rendere più organico il nostro impegno anche ristrutturando e rilanciando il coordinamento Europeo a Bruxelles (e non solo sul piano dei Servizi), rafforzando così, anche attraverso questo strumento, e la nostra pre-senza organizzata, l’impegno per una Europa che deve scrollarsi di dosso, definitivamente, l’immagine tecnocratica che l’accompagna, per divenire, sempre più, lo spazio comune dei cittadini;
f) LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE – Questa stagione, con le opere già fatte e gli impegni presi, deve essere ricordata per una costante, concreta e convinta azione di solidarietà, a tutti i livelli. Un movimento come il nostro, infatti, deve avere “ogni giorno” l’obiettivo di fare qualcosa per chi è meno fortunato, a partire dall’aiuto alla Chiesa ed alle opere per i più bisognosi, nei paesi dell’area mediterranea, lavorando così concretamente per il dialogo. Impegnando anche la maggior parte degli introiti del cinque per mille, e sostenendo le iniziative del Cefa.
CONCLUSIONI
Cari amici,
abbiamo indicato alcune priorità essenziali sui valori, dignità del lavoro, riforma della politica e giustizia sociale, perché l’Italia esca finalmente dal tunnel in cui siamo entrati da troppo tempo. Siamo convinti che si esce dal tunnel solo se prevale in tutti, ad iniziare dalla classe dirigente, responsabilità e ricerca di coesione, che è la nostra persistente preoccupazione.
Ed anche l’associazionismo cattolico deve rendersi consapevole dei grandi cambiamenti avvenuti nella società e nel mondo del lavoro.
Il cambiamento richiede, da parte nostra, una riconsiderazione profonda del modo di sviluppare e tutelare il lavoro e di affermare i termini
umani della solidarietà contribuendo, anche in questa nuova stagione, a ridare vigore a valori, identità, tradizioni.
Per noi del MCL vuol dire improntare la nostra azione ad obiettivi di riforma e di partecipazione, abbandonando i vecchi “accampamenti” destinati a diventare solo delle riserve, per inoltrarci invece “in un campo aperto”, nei sentieri della nuova solidarietà e responsabilità.
La scelta di sostenere la “moratoria sull’aborto”, a tutti i livelli, va in questa direzione.
In momenti tanto difficili, i cristiani sono chiamati ad adeguarsi ai tempi senza però rinunciare alle proprie radici. “Se infatti la modernità non ha saputo garantire soluzioni concrete ai problemi dell’esistenza perché incapace ad aprirsi ad un’istanza superiore, anche il cristianesimo deve fare autocritica ed imparare di nuovo cos’è la speranza”. Con questa indicazione Papa Benedetto XVI ha consegnato al mondo l’enciclica “Spe Salvi” nella quale offre un’approfondita riflessione sulla “speranza cristiana”.
Cari amici in questi anni anche noi abbiamo innescato tante speranze, attese, disponibilità. Anni in cui tutto è profondamente cambiato e que-sto nuovo mondo dove viviamo si rivela così profondamente complesso, e col mondo anche tutti noi siamo cambiati. Ovviamente non si tratta di pensare che rinnoveremo tutto, ma di pensare a questo dibattito non come alla conclusione di un percorso, o al termine di una pur necessaria definizione
programmatica, ma come un nuovo inizio. Inteso però, tutt’altro, come ras-segnazione a ciò che accade, ma anzi con ottimismo e passione.
Si tratta di mettere in campo invece uno spazio vero di presenze nel tempo che ci è dato. Certo bisognerà vedere se poi ci riusciamo. Ma, come ho detto altre volte, con la coscienza a posto di averci almeno provato.
Non possiamo, né dobbiamo, arrenderci all’idea dei tanti che ripetono, “che il mondo è sempre andato così”. E così dicendo non fanno niente per non farlo più andare così…..