Il Cardinale Camillo Ruini ritorna a parlare con una importante intervista ad Aldo Cazzullo del “Corriere della Sera”. Già dieci anni fa, in un libro con Galli della Loggia, a proposito dell’aspetto politico del “rapporto tra laici e cattolici”, aveva sottolineato come “l’innovazione a cui ho contribuito personalmente è consistita nel rompere una certa unidirezionalità” riferendosi all’essersi mosso diversamente quando anche “da parte di alcuni vescovi ci fu una notevole apertura alla sinistra non cattolica”. E il professore di storia contemporanea aggiungeva: “fino alla sua mossa, infatti, sembrava che dialogo e incontro potessero esserci solamente tra i cosiddetti cattolici democratici e la sinistra. Lei ha allargato il tavolo, invitando anche altri convitati, ma questo non le è stato perdonato”.
Anche questa volta Camillo Ruini, con la consueta pacatezza, ha allargato il tavolo, dimostrando un positivo realismo. Alla domanda: “se i cattolici… con il proporzionale… potrebbero fondare un loro partito”, infatti, risponde: “Non è questo il tempo per dar vita a un partito dei cattolici. Mancano i presupposti: per il pluralismo molto accentuato all’interno della chiesa stessa e per la giusta ritrosia a coinvolgersi nella politica”. E precisa: “I cattolici possono però operare all’interno di quelle forze che si dimostrano permeabili alle loro istanze”, sottolineandone, comunque, la difficoltà a motivo della “scristianizzazione” che “sta avanzando in Italia”. Quindi una visione ampia, non settaria, ma inclusiva. Nell’intervista l’ex Presidente della CEI arriva ad auspicare un “doveroso… dialogo” anche con Salvini, pur dichiarando di non conoscerlo personalmente e quindi ammettendo l’“astrazione” di tale considerazione.
Le reazioni dei politici cristiani con lo sguardo fisso a sinistra, rispetto a dieci anni fa si presentano ancora più scomposte ed aggressive. Allora i cattolici democratici si spinsero, con molta spocchia e poca caritas, a criticare il “ruinismo” del Cardinale, rivoltando la frittata, accusandolo, cioè, di ideologismo, che, invece, rappresenta precipuamente il loro connotato di inginocchiamento ideologico di fronte al politicamente corretto della sinistra. Oggi non mancano le critiche, anzi si radicalizzano, secondo un cliché ormai logoro e stantio, giungendo, con l’ineffabile Alberto Melloni, addirittura, ad un mistificatorio e delirante accostamento con Von Papen. E’ l’isterica intolleranza che anima sempre le turbe dell’eresiarca che il buon padre Dante metteva dentro tombe infuocate.
Un atteggiamento settario che non fa bene né ai cattolici che vogliono riannodare le fila della politica, né alle comunità ecclesiali che hanno bisogno di ascoltare prima di indirizzare, né alla difficile opera di Papa Francesco, nelle tempeste di un mondo dove regna la comunicazione artefatta.
La politica deve essere ascolto, attenzione, dialogo, senza pregiudizi. Soprattutto attenzione verso ciò che rende oggi la società italiana preoccupata e smarrita, preda di élite autoreferenziali. L’atto più naturale è cancellare i pregiudizi che deformano la realtà e la rendono serva dell’idea che ci facciamo di questa. Come quando, di fronte alle scelte elettorali si giudicano negativamente chi le compie e non ci si domanda come mai avvengono. Cosa ci sia che non va. E’ sempre sbagliato vedere e giudicare con la sola idea che ci siamo costruiti.
Non il rapporto amico-nemico, che è l’anticamera del totalitarismo, ma il dialogo aiuta ognuno a riflettere e offre lo spazio necessario a rendere più decisivi i corpi intermedi, senza i quali, si perdono riferimenti indispensabili e valori radicati nella realtà, baluardi di un società che altrimenti perderebbe le ragioni per le quali esiste, si alimenta e cresce. Scristianizzazione e annullamento dei corpi intermedi corrono parallelamente.
Ma il pregiudizio ha la corda corta perché non dà risposte vere, ma invita a tacere e soffoca nel silenzio la ricerca e la speranza. Ma non ha futuro.
Ai cattolici in politica non servono le lingue di legno. Tutt’altro.
Pietro Giubilo