A Villa Pamphilj stanno andando in scena quelli che il premier Giuseppe Conte ha voluto chiamare, con una formula che a tanti è sembrata una discutibile iperbole comunicativa, “Stati generali dell’Economia”. Non scriviamo a caso “andando in scena”, perché ci sembra la rappresentazione - in luogo della ben più urgente “cura della rappresentanza” – di ciò che davvero preme a un Presidente del Consiglio tutto mediaticamente teso a recitare la parte del “comandante in capo”. Un attore e una commedia che anche voci non certo in armonia con il centrodestra (che ha scelto, forse con troppa leggerezza, di lasciare tutta la scena al già “avvocato del popolo”) hanno inchiodato alla loro “insostenibile leggerezza”. Dalle colonne virtuali dell'Huffpost, per limitarsi a un unico eloquente esempio, Alessandro de Angelis ha sostenuto che ci troviamo di fronte a “un meccanismo in cui tutto ha un inizio e una fine con Conte, novello motore immobile, dove l’aggettivo (immobile) è certo, il sostantivo (motore) un po’ meno”.
“Progettiamo il rilancio”, ci si è autoriconosciuti, dando un titolo a un'altra serie di titolo (gli svolgimenti, ammesso che si sia davvero in grado di concretizzarli, sono decisamente di là da venire). Al Casino del Bel Respiro, insomma, stiamo assistendo a una passerella. Con affermazioni solo apparentemente apodittiche, come questa del Capo del Governo: “questo è il momento di lavorare a un progetto chiaro per uscire dalla crisi. Un progetto coraggioso, condiviso, per tramutare la crisi in opportunità”. E proprio il progetto a non emergere. Tutto sembra improntato a un ben più prosaico “tentare di durare”. Così il “coinvolgimento” del mondo produttivo e dei corpi intermedi si dimostra figurativo e accessorio. L'unica crisi, che si cerca di coprire più che disbrogliare, è quella di un esecutivo privo di una precisa identità e visione a lungo raggio. Come ha giustamente contestato il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi: “Mi sarei aspettato che, con le convocazioni, il Governo presentasse un piano ben dettagliato, con un cronoprogramma, con gli effetti attesi, in quanto tempo, gli effetti sul Pil. Questo piano non l’ho visto, sarei curioso di leggerlo. Vorrei ascoltarlo”.
Lontani e isolati dal Paese reale, che ci si dimostra incapaci di ascoltare sul serio. Indaffarati esclusivamente a far star tutto in una stentata narrazione.
“Questa è la realtà, quando c’è da riflettere sul Paese chi sta sul territorio sparisce”. Verrebbe davvero di dar ragione al sindaco di Milano, Beppe Sala.
Marco Margrita