Di fronte alla prepotenza del Sultano della Turchia l’UE dimostra la sua inconsistente politica estera: ogni Paese va per conto proprio e le reazioni sembrano non andare oltre le telefonate (della Merkel) e le frasi di circostanza di molti altri.
D’altronde Erdogan non ha chiamato “Sorgente di pace” questa battaglia?
Agosto e settembre avevano già registrato attacchi mirati nelle “zone cuscinetto” e ben poco - da Trump a Bruxelles - si era mosso davanti ad una azione annunciata e prevista.
Resta sul campo una scia di sangue innocente, il popolo curdo sempre più “oggetto di sterminio” ed il ritorno di Daesh che oggi non può più essere considerato un pericolo remoto.
Putin chiede “agli stranieri” di lasciare la Siria ma non è certo “disturbato” da questi avvenimenti che, nella sostanza, rafforzano la sua presenza e la sua potenza sullo scacchiere mediorientale.
Tutti chiedono ad Erdogan di fermare le ostilità, ma “la sorgente di pace” - anche se con mosse a rilento sul campo - minaccia ora i centri abitati e la “liberazione dai terroristi” fa avanzare le occupazioni territoriali, quelle occupazioni di confine cui la Turchia guardava da tempo.
Al di là però di ciò che avviene sul terreno resta la politica e brilla l’assenza dell’Europa.
I ministri, tra cui Di Maio, si concentrano ora sul blocco della vendita di armi. Dopo aver venduto per anni armi a tutti. La Turchia dopo il Qatar ed il Pakistan è il nostro terzo mercato più importante: nel solo 2018 abbiamo venduto per 362,3 milioni di euro!
Sempre gli armamenti vengono concessi per “bloccare il terrorismo”, per “sostenere” i “partigiani” (che come i Talebani, poi, cambiano il campo di azione). E sempre la scenetta del “blocchiamo le vendite di armi” si ripresenta con il candore dell’innocenza, che giustifica un alibi perbenista ma sempre a posteriori!
Da anni il Sultano, e noi lo scriviamo da sempre, esercita una sua politica nell’area del Medio Oriente e tende a riportare il Sultanato al centro di quell’impero che fu!
L’Europa è assente, continua a pensare ai parametri e rinvia un serio approccio per l’allargamento ai Balcani Occidentali.
Mentre i sauditi investono miliardi di dollari a Sarajevo, facendo ormai di quella città un feudo mussulmano che svilisce la multietnicità storica.
Noi continuiamo a chiedere anche alla Bosnia Erzegovina il rispetto dei parametri per poter entrare in UE e così tutti questi Paesi - Serbia, Montenegro, Albania, Macedonia del Nord e Bosnia Erzegovina -, che hanno pagato con prezzi inauditi prima il Sultanato e poi il comunismo, oggi rischiano, col ritorno dei nazionalismi, di “ritornare ad essere “vassalli” del Sultano.
Lo stop alle armi va predisposto ben prima delle battaglie annunciate.
Non sarebbe poi stato male che dalla Casa Bianca fossero uscite parole ed azioni un po’ più serie e diverse. Ma questa Presidenza USA ci ha abituato a questo, e dagli USA non sembra proiettarsi niente di nuovo per il prossimo mandato.
L’egoismo del mercato non si ferma davanti alle stragi ed in fondo, di questo tempo, di fronte alla vicenda turca, resterà nella storia, forse, il solo viaggio ad Ankara della signora Merkel quando implorò al Sultano di bloccare l’emigrazione e staccò un assegno formidabile.
Oggi il Sultano ci ricatta ancora con la “filosofia dell’invasione”, la nostra fragilità giustificata da varie tipologie di “buonismo”, da silenzi e sempre più sostenuta dalle nostre paure.
Quando serve l’Europa non c’è.
Piergiorgio Sciacqua