A più di un anno dall’insediamento dell’attuale governo giallo-verde di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, mi sembra opportuna una riflessione sulla situazione socio-economica del nostro Paese. Lo scenario, purtroppo, si manifesta preoccupante sia per l’aumento considerevole del debito pubblico dell’Italia sia per la crescita della disoccupazione, in particolare quella giovanile, soprattutto quella “stabile”.
Per quanto tempo ancora il nostro Paese, nella sua articolata composizione, potrà sopportare i quotidiani scossoni che gli derivano da una dilettantesca governabilità istituzionale, da una crisi economica molto seria che ci sta portando alla recessione e da un diffuso scontento sociale? Fino a che punto questi sintomi decisamente destabilizzanti potranno essere riassorbiti e in quale modo privati di quella carica traumatica di cui sono portatori?
Le ultime competizioni elettorali, sia per il rinnovo del Parlamento europeo sia quelle svoltesi in sede regionale, hanno fatto registrare un notevole calo di consensi al Movimento Cinque Stelle mentre è in forte crescita la Lega di Salvini, autore inflessibile della chiusura dei porti e dunque della riduzione degli immigrati nel nostro Paese.
I risultati ottenuti finora sono molto deludenti. La disoccupazione sembra inattaccabile, anche perché non si creano nuovi posti di lavoro, al massimo si fa una impacciata e non sempre positiva difesa dell’esistente. L’unica strada intrapresa è quella del sostegno ai disoccupati poveri attraverso il Reddito di Cittadinanza: più che solidarietà e lavoro si tratta di assistenzialismo.
Da sempre sappiamo che l’occupazione è legata alla produzione di beni e servizi e che molto dipende dalla domanda e dalla fiducia del mercato interno e internazionale. Sono tanti i fattori di natura sociale, politica, tecnologica e demografica che determinano l’evoluzione del mercato del lavoro.
Dunque, investimenti pubblici e privati: fare, costruire, rimodernare. Ci sono un’infinità di opere e di luoghi che attendono da decenni: Mezzogiorno d’Italia, bacini, acquedotti, ferrovie, ambiente, forestazione, agricoltura, politiche per anziani, piani per l’edilizia economica e popolare, infrastrutture, ricostruzione di zone terremotate. Non dimenticando mai le località sismiche ed il dissesto idrogeologico del territorio nazionale.
Discorso a parte merita l’invadenza della burocrazia, che allunga i tempi e i permessi delle realizzazioni, aumentando i costi e i disagi agli utenti e ai cittadini. E poi, finanziare i Comuni (Cassa Depositi e Prestiti) per recuperare le periferie delle città affinché siano dotate di una migliore gestione del decoro, dei servizi pubblici e dell’ambiente.
Quella che attiene al lavoro è una questione di determinante importanza poiché tocca l’uomo, la sua libertà e la dignità personale, il suo diritto alla possibilità di garantirsi un reddito equo per sé e per la propria famiglia. Lo Stato, d’intesa con le regioni e gli uffici del lavoro, dovrebbe attuare una politica di maggiore sostegno all’incontro tra domanda e offerta, con specifico riferimento alla formazione professionale di qualità.
Occorre, inoltre, formulare indicazioni operative che abbiano il requisito della realizzabilità nell’ambito dei territori segnalati dalle Regioni.
Sarebbe necessario costituire una rete di osservatori comprensoriali del lavoro, finalizzata alla rilevazione periodica (semestrale) dell’andamento della domanda e dell’offerta di lavoro e all’indagine sull’evoluzione dell’organizzazione del lavoro nei diversi settori del terziario.
Lo Stato dovrebbe partecipare attivamente al potenziamento del settore del cosiddetto “terziario di pregio” (beni culturali, musei, gallerie, centri affari e congressi nelle città d’arte e in quelle a prevalenza industriale e artigianale), per raggiungere migliori obiettivi anche nel campo dell’occupazione turistica.
Servono progetti, serve una visione del Paese: non gli occhi sempre attenti ai sondaggi…
Carlo Costalli
Presidente Movimento Cristiano Lavoratori