Nel nostro Paese, l’esigenza di rafforzare la cultura della legalità si è sviluppata all’inizio degli anni ‘90, quando i gravi eventi di quegli anni (le stragi di Capaci e via D’Amelio, gli attentati di Milano, Firenze, Roma) accrebbero la percezione di una minaccia al sistema democratico e indussero un nuovo impulso alla promozione di un’estesa azione educativa di contrasto a fenomeni, come quello mafioso, permeati della cultura della prevaricazione e della violenza. In quegli anni l’educazione alla legalità fu introdotta formalmente nelle scuole (circolare n. 302/93 del Ministero della Pubblica Istruzione) con l’obiettivo dichiarato di elaborare e diffondere un’autentica cultura dei valori civili a partire dalla consapevolezza che condizioni quali dignità, libertà, solidarietà, sicurezza, non possano considerarsi come acquisite per sempre, ma vanno perseguite, volute e, una volta conquistate, protette. L’urgenze di promuovere una più forte coscienza civile, democratica e solidale, è stata percepita soprattutto dalle istanze democratiche della società civile che si sono impegnate nella costruzione di una moltitudine di progetti avviati nel nostro territorio con l’obbiettivo di promuovere la pratica della legalità, di imparare a rispettare i diritti dell’altro, di insegnare a riconoscere diritti e doveri, diffondendo il rispetto dell’altro, delle regole e delle leggi nei diversi contesti urbani e all’interno delle comunità scolastiche. Riflettere insieme sui comportamenti che caratterizzano quotidianamente le nostre relazioni sociali e su quali, tra questi, promuovono l’incontro con gli altri, la civile convivenza, il rispetto delle regole; è come esercitare un’arte...“attività umana basata sull’abilità individuale, sullo studio, sull’esperienza e su un complesso specifico di regole”; è educazione al pensiero critico, alla partecipazione, alle esplorazioni di mondi, alla curiosità, alla protezione dei diritti e dei doveri di cittadinanza. La partecipazione attiva dei giovani alla diffusione di una cultura della legalità, determina un passaggio fondamentale nello sviluppo di attività di animazione territoriale importanti per il potenziamento delle relazioni e della rete sul territorio.
Noi giovani abbiamo il dovere di diffondere una cultura fondata sulla legalità e sul senso civico, che possa efficacemente contrapporsi alla cultura del privilegio e del ricatto che contraddistingue i fenomeni mafiosi nel nostro paese dimostrando che in quei luoghi dove la mafia ha spadroneggiato è possibile ricostruire una realtà sociale ed economica fondata sulla legalità e sul rispetto e la dignità della persona. Come delegato nazionale dei giovani del MCL, ho sentito la necessità di avviare assieme ai giovani del MCL di Roma, già tanto impegnati quotidianamente in azioni di cittadinanza attiva, un percorso che partisse proprio da uno spaccato storico e uomini impegnati in prima linea nella difesa di uno un bene comune come la legalità. Proprio su questa riflessione assieme alla unione provinciale di Roma e alla collaborazione della presidenza nazionale del MCL, nel pomeriggio del 7 giugno appena trascorso, abbiamo presentato il libro “ Noi gli uomini di Falcone”, del generale Angiolo Pellegrini. Un libro che racconta il vissuto dell’autore che di quella stagione drammatica e al contempo luminosa (perché furono gli anni in cui Cosa Nostra per la prima volta fu giudiziariamente sconfitta con le armi della legge, in esito al mai abbastanza celebrato maxiprocesso nei confronti delle cosche siciliane) è, purtroppo, uno dei pochissimi sopravvissuti. In questo pomeriggio, il Generale con tanto carisma e attirando l’attenzione e un silenzio appassionato, racconta ai giovani presenti le mille avventure di quella stagione della Sicilia insanguinata, vissuta per metà on the road e per metà al comando della sezione antimafia, nelle aule dei tribunali siciliani, a bordo delle Alfette con i lampeggianti e delle auto civetta, nell’ammezzato buio – avanti e indietro – che conduceva alla stanza blindata del numero uno della Procura palermitana. Un romanzo non di mafia ma di vita vissuta proprio come l’autore lo definisce e volutamente scritto perché i giovani potessero conoscere la verità di quegli anni e soprattutto chi era Giovanni Falcone. Insomma un libro formativo con una missione ben precisa e cioè quella di parlare ai giovani perché siamo noi non il futuro ma il presente di questo Paese.
Maria Pangaro
Delegato Nazionale Giovani MCL