"Civismo dei produttori". È una formula felice quella che Carlo Costalli, nella recente nota in cui riafferma la convergenza del Mcl con chi dice sì a sviluppo e grandi opere, impiega per definire il sempre maggiore protagonismo di associazioni datoriali e sindacalismo riformista nello scongiurare che il Governo faccia imboccare al Paese la strada di una tutt'altro che felice decrescita. Un'espressione ben più significativa e densa di quella scelta da tanti media: "partito del Pil". Queste righe vogliono provare a spiegare perché.
Definire civica questa mobilitazione riconosce la natura e il valore di corpo intermedio delle imprese (delle stesse, ancor prima delle loro rappresentanza di categoria); evocare il termine "produttori", invece, richiama il loro essere bene comune di imprenditori e lavoratori (che possono e debbono essere alleati e corresponsabili nello costruzione di sviluppo).
All'Italia della rendita e/o dell'assistenzialismo, il governo o almeno la sua componente pentastellata vuole parlare con la "lingua del debito", invocando a giustificazione il superamento del lavoro e della produzione di beni. Un'altra Italia, europea e costruttiva, rivolge a tutti la sfida di qualificare la democrazia attraverso l'attivarsi delle comunità della produzione (e comunità produttive in senso ampio), a questa il Mcl sembra voler connettere, con più lucidità rispetto a quanti si affidano alla riproposizione nostalgica, la domanda di rinnovata partecipazione del mondo cattolico e a quella diffusa di rappresentanza
Una prospettiva che viene da lontano (e non ci riferiamo all'adesione del Movimento Cristiano Lavoratori alla manifestazione Sì Tav del 10 novembre scorso). Intervistandolo per Tempi in occasione di una visita in una Val di Susa segnata dalle divisioni, già sei anni fa, il presidente Costalli mi dichiarava che "Senza scelte ideologiche di sì a prescindere, i cattolici impegnati nel sociale debbono parlare chiaro: bloccare le grandi opere in Italia, oggi, significa bloccare lo sviluppo e impedire ai nostri giovani di avere nuove possibilità di lavoro. Noi, per parte nostra, vogliamo dare il nostro contributo per il superamento delle posizioni pregiudiziali che hanno bloccato le grandi opere".
La riabilitazione della politica davvero può passare dal "civismo dei produttori", se questo saprà (ac)cogliere virtuose nuove sintesi con i portatori di un'identità e di una visione ideale/valoriale.
Marco Margrita