Nessuno di noi contesta che la nostra Costituzione abbia bisogno di una revisione. Non lo diciamo certo da oggi. C’è bisogno di una riforma, ma non di ‘questa’ riforma costituzionale. E dire che tra il fare e il non fare è meglio fare, non è di certo una motivazione plausibile per una riforma così importante.
In questi mesi abbiamo assistito a una propaganda ostinata che ha fatto passare coloro che si oppongono a questa riforma come passatisti e nemici dello sviluppo del Paese. Ed è ben strano che quest’accusa venga rivolta anche a chi, come noi, lo sviluppo dell’Italia lo edifica ogni giorno: facendo famiglia e vivendo con consapevolezza sulla frontiera del lavoro. Noi non ci opponiamo ad ogni riforma, anzi le auspichiamo… ma a questa sì, ci opponiamo.
Non si può considerare autenticamente riformista e riformatore chi soprassiede dal giudicare il contenuto di una riforma. E i difetti della riforma sono almeno tre: non semplifica il funzionamento delle istituzioni e non aumenta la governabilità, anzi li deteriora; annienta l’autonomia regionale e ripropone il centralismo statalista; il combinato disposto della riforma costituzionale e della nuova legge elettorale (l’Italicum) provoca effetti distorsivi su tutto il sistema istituzionale, creando le condizioni per lo strapotere senza contrappesi di chi, magari al primo turno ha preso poco più di un quarto dei voti.
Inoltre, il risparmio, tanto enfatizzato, risulta assai limitato, tra l’altro proposto da un governo che non è stato in grado di operare una vera spending review.
Ci troviamo di fronte a una ridefinizione centralista del nostro sistema istituzionale e ad una semplificazione solo apparente. Invece di ridefinire in senso responsabile, con un sano federalismo, il regionalismo, se ne fa strame.
L’Italia delle autonomie e della sussidiarietà capillare verrebbe pesantemente “commissariata” da una Costituzione figlia di una logica di criminalizzazione dei corpi intermedi, e tristemente coerente con la riduzione della persona a mero individuo privato delle sue relazioni.
Noi siamo parte dell’Italia che non cede al declino, e lo facciamo agendo con spirito di comunità. Siamo l’Italia all’opera, siamo parte di quel “riformismo diffuso” che è la “sussidiarietà incarnata” in famiglie attive e solidali, in opere che rispondono al bisogno e condividono un orizzonte di senso. Siamo l’anima profonda del Paese, la memoria viva della cultura popolare che lo ha costruito.
Noi, quindi, diciamo No. Lo diciamo perché non vogliamo che siano limitati, invocando un decisionismo neo-illuminista e centralista, gli spazi di libertà delle comunità, della società, delle autonomie locali e dei corpi intermedi. Noi diciamo No perché vediamo con chiarezza il rischio di un assalto alla positiva anomalia italiana, e a ciò che abbiamo di più chiaro, da parte di un Parlamento depotenziato da logiche meramente partitocratiche. Un Parlamento indebolito e facile ostaggio di quei “poteri senza volto” che temono la capacità di resistenza all’omologazione da parte delle famiglie e dei corpi intermedi.
Il nostro è il No di autentici riformisti e riformatori. E’ un No di uomini liberi che vogliono difendere la sovranità diffusa del popolo contro le élite accentratrici. Un No che possa essere la base per un diverso metodo di costruzione di un percorso di riforma della Carta, partecipato e non nelle mani dell’esecutivo.
Carlo Costalli
Presidente Movimento Cristiano Lavoratori