La condizione del lavoro nel nostro tempo e la messa a punto di una strategia partecipativa (per noi molto importante), per interpretare e realizzare le sue attese e le sue speranze, si collocano in una fase storica lacerata da tante fratture che dobbiamo essere in grado di riconoscere e descrivere. E’, infatti, fallita la promessa di uscire dall’età segnata dall’organizzazione del lavoro fordista e dalle politiche economiche keynesiane con una finanza che alimenta il consumo e la crescita (a debito) illimitata, che ha dominato la scena tra la fine degli anni Settanta del Novecento e il 2008, e abbiamo assistito alla disillusione di una terapia per curare la crisi della finanza e dell’economia mondiale che non interveniva sulle cause strutturali che l’avevano generata.
Inoltre siamo di fronte alla messa in discussione dei valori, della cultura, del costume, dell’atteggiamento verso la vita in cui quel modello aveva preso forma, intorno alla centralità del consumo individuale, elevato a segno distintivo dell’identità e della personalità, in un culto dell’“Io” che ha sostituito la centralità del lavoro, della persona, le relazioni sociali e la disposizione collettiva e solidale che caratterizzò, al contrario, il mondo del lavoro nella fase storica precedente.
Cosa ha prodotto il ciclo della finanza creativa, del consumo individuale a debito (debito che poi deve essere pagato):
- instabilità e anarchia politica e militare mondiale;
- declino della dinamica demografica e flussi migratori crescenti nei Paesi ricchi;
- crescita esponenziale delle disuguaglianze sociali e livelli di povertà sempre più crescenti;
- diffusione dell’illegalità e dell’economia criminale;
- emergenza e disastri ambientali;
- terrorismo internazionale e problemi di sicurezza.
Non si può restare indifferenti, o proporre soluzioni tampone, quando un assetto economico, sociale e politico non è più in grado di rispondere alle domande del suo tempo. Occorre cambiare paradigma: cambiare le domande con le quali si interroga e si analizza il mondo; cambiare i criteri di valutazione e di giudizio; cambiare i valori che ispirano il progetto, cambiare le leve della strategia, occorre cambiare modello di sviluppo.
Noi, che non ci arrendiamo al declino, cerchiamo di dare un contributo: di idee e di opere, anche in vista della 48a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani.
Oggi si apre per noi una stagione del “tempo opportuno”. E’ ripartita l’economia, seppure a ritmi molto differenziati (Nord-Sud) e instabili, ma non è ripartita la coesione sociale e la democrazia regge, con fatica, l’onda d’urto dei populismi.
La contraddizione tra un paradigma ormai tramontato: l’addensamento e l’interdipendenza delle emergenze irrisolte; la rimozione della domanda sulla necessità di un nuovo modello di valori, di cultura, di economia, di società, di democrazia, richiede al più presto una risposta complessiva, adeguata alla gravità e alla complessità della domanda.
Per questi motivi, come accade nei grandi passaggi d’epoca, con le loro profonde ambivalenze e le loro straordinarie potenzialità, per i cattolici il tempo è opportuno. Basta che ne abbiano voglia: voglia di lavorare, voglia di rischiare. Basta che siano liberi e autonomi: non una dependance di un partito politico (pur interessandosi di politica) o di un gruppo di potere.
E’ un anno importante quello che abbiamo davanti, si apre adesso, con tante scadenze (interne ed esterne al Mcl) che dovranno vederci presenti e preparati: dalla 48a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani alle scadenze elettorali fino al Congresso nazionale. Unità, autonomia, presenza, hanno contraddistinto questi anni: sono certo che continueremo su questa strada.
In questa occasione voglio anche ringraziare tutti quelli che hanno permesso, pur da posizioni di lavoro diverse, una crescita vertiginosa dei nostri Servizi, soprattutto negli ultimi anni: Patronato e Caf in particolare hanno avuto “trend” di crescita veramente eccezionali, in controtendenza rispetto a quasi tutti gli altri in calo costante. Questo è stato possibile grazie a due fattori principali:
- una forte tenuta dei nostri Servizi di fronte alle tante novità legislative e di riforma del welfare, grazie anche alla grande unità e coesione con il Mcl, che ha potuto garantire un equilibrio economico importante che altre organizzazioni (in crisi) non hanno avuto, non hanno più;
- l’arrivo nel nostro Movimento e nei nostri Servizi di tanti importanti e qualificati quadri che provengono da altre organizzazioni cristiane e che hanno scelto di fare con noi, e non con altri, un nuovo percorso importante del loro impegno.
Questo ci ha permesso il rafforzamento di tutta l’area dei Servizi (Feder.Agri, Als, Efal ecc.) ma anche il lancio di nuovi Servizi: assistenza colf e badanti, artigiani, commercianti, piccoli imprenditori ecc. E poiché stiamo parlando di lavoro, sottolineo che questa “tenuta” ha permesso di garantire tranquillità alle centinaia di persone che, a vario titolo, lavorano con noi (e alle loro famiglie). E questa crescita ha permesso l’assunzione, anche nei mesi scorsi, di decine e decine di nuovi collaboratori nei Servizi.
Contenuti e fatti: le critiche migliori si fanno con i fatti e puntando sul rilancio dei corpi intermedi. Ormai tutti hanno capito che senza corpi intermedi non si rilancia il lavoro, non si fa impresa, non si gestiscono gli immigrati.
E per concludere: il lavoro. L’idea vincente è quella di affrontarlo partendo dai tanti problemi che ci sono, non da un’analisi “teologico-filosofica” ma dalla dottrina sociale in atto, dalle buone pratiche.
Contenuti e fatti: questo è il Mcl che si appresta a diventare insieme ai suoi Servizi (umilmente) il Movimento di maggiore riferimento di tutti i lavoratori cristiani italiani.
Insomma, non culliamoci sugli allori, ma lavorando sodo, come abbiamo sempre fatto, possiamo guardare al futuro con una certa tranquillità e lasciare ai giovani un “capitale” importante, fatto di valori e di opere.
Carlo Costalli
Presidente Nazionale MCL