VIGILARE CON PRESENZA E AZIONE
Abbiamo cercato più volte di spiegare che per dare respiro e prospettive all’area, ancora maggioritaria nel Paese, dei popolari e dei liberali, due fatti erano irrinunciabili: il riferimento certo all’Europa e il superamento della leadership messianica di Silvio Berlusconi. E in questa direzione abbiamo lavorato in questi mesi. Sapevamo che era una strada lunga e difficile e non ci aspettavamo applausi a scena aperta al nostro indirizzo. Abbiamo accettato volentieri la candidatura (diretta o indiretta) di Mario Monti anche se non tutto nella sua agenda ci ha entusiasmato (particolarmente sui valori), né nella “corte” che lo accompagna. Negli anni si è logorata la figura di Berlusconi quale collante di un campo unitario di tutto quello che non è di sinistra. Campo sorto sulle confuse macerie post-Tangentopoli. E con, a corollario, il risultato di aver consegnato nel tempo fette sempre più ampie di cattolici popolari e di liberali allo schieramento opposto. Un Silvio Berlusconi, certo, per qualche tempo (ma non esistono uomini per tutte le stagioni), “male necessario” per contenere i disegni egemonici del “partito radicale di massa”. Solo perché, almeno nominalmente, non avversario di certi valori. La Terza Repubblica chiede il superamento di Berlusconi. E per lui non c’è sacrificio più grande che uscire di scena con sobrietà, senza tramontare in favore delle telecamere. Certo non lo aiutano gli “osanna di cartapesta” dei soliti cortigiani e dei feudatari assuefatti all’incasso della perniciosa sintesi tra la retorica del territorio e quella della diga anticomunista in cui si sono “specializzati” anche autorevoli amici. Ha recentemente detto l’ex capogruppo del PDL al PPE Mario Mauro: “i popolari e i populisti hanno gli stessi elettori ma non le stesse idee”. Il berlusconismo si è fondato, per un ventennio, sulla pretesa di “fondare” popolari e populisti contro la sinistra elevata a male assoluto. Occorre adesso una selezione fra gli uni e gli altri.
L’Italia ha bisogno di una formazione europopolare che abbia l’ambizione di essere maggioritaria, ma senza transigere sulla propria natura ideale e valoriale. Su questa sfida i cattolici possono giocare un ruolo ancora decisivo. Per questo tanti nostri pronunciamenti in favore degli ideali del PPE. Sempre che non si sostituisca il patto Gentiloni con Berlusconi con quello con un montismo qualificato da un moderatismo tecnocratico: e viste alcune scelte di questi giorni il rischio c’è. Perché Monti su questo piano è venuto meno alle attese dopo la partecipazione al vertice del PPE nel dicembre scorso.
L’indicazione della gerarchia è stata chiara. All’indomani del pessimo discorso neoberlusconiano “di sfiducia” del “teleguidato” Angelino Alfano, il Cardinale Angelo Bagnasco ha dichiarato al Corsera: “Non si può mandare in malora i sacrifici di un anno che sono ricaduti spesso sulle fasce più deboli. Ciò che lascia sbigottiti è l’irresponsabilità di quanti pensano a sistemarsi mentre la casa sta ancora bruciando. E si conferma la radice di una crisi che non è solo economica e sociale, ma culturale e morale. Per troppo tempo i partiti sono stati incapaci di pervenire a decisioni difficili e a parlare il linguaggio della franchezza e non quello della facile demagogia”. Ricordiamo queste parole del presidente della CEI, che interverrà al nostro Consiglio Generale il prossimo 7 febbraio.
Anche in considerazione di questo giudizio occorre dare vita alle condizioni di una presenza la più unitaria possibile, nei tempi e nei modi che ci verrà concesso, di popolari e liberali parlando il linguaggio della verità. Occorre scegliere una linea antipopulista. E consapevoli che domani non sarà impossibile il dialogo con un Bersani devendolizzato e forse neppure con la Lega di Tosi. Quelli che ci si è abituati (con qualche cedimento al linguaggio complottista) a definire “poteri forti” hanno scelto di sostenere la novità montiana. Ai cattolici popolari spetta il compito di, creativamente, vigilare con presenza ed azione - adesso durante e, soprattutto, dopo la competizione elettorale - sul rischio di una involuzione tecnocratica e centralista e di una deriva zapaterista che si abbatta sui nostri valori di riferimento; dando voce a quel patrimonio di opere e di presenza sul territorio che il cattolicesimo sociale ha saputo creare: un lavoro che abbiamo fatto, con passione, e continueremo a fare.
Carlo Costalli