Le nuove sfide dei “cattolici scomodi”
Carlo Costalli - (*)
Abbiamo un Governo che muove i primi passi fra tante difficoltà, ma nella direzione giusta. Avevamo più volte auspicato, nelle scorse settimane, che nascesse un Governo di servizio e di larghe intese. Si è realizzato quello che sembrava impossibile: l’avventurosa composizione di forze e visioni di sinistra, di centro e di destra che per due decenni sono state quasi sempre non compatibili, e spesso aspramente contrapposte, e che nella recente fase del governo Monti avevano più subito che promosso le severe politiche di emergenza. Siamo al cospetto di un governo straordinario, nato in condizioni di straordinaria difficoltà, destinato ad affrontare un percorso straordinario e che si giustifica soprattutto per gli straordinari doveri che gli sono affidati. Di questo dobbiamo dire grazie soprattutto al Presidente Napolitano, autentico timoniere e solido garante della stabilità e della governabilità del Paese. Infatti senza il bis di Napolitano, che ha letteralmente preso per i capelli e ridato ossigeno ad un sistema istituzionale in via di soffocamento, oggi saremmo un passo ben oltre il baratro.
La nuova squadra di governo ha, in alcuni dei suoi esponenti più importanti (Letta, Alfano, Franceschini, D’Alia, Lupi, Mauro), una matrice comune che unisce trasversalmente uomini politici che in questi anni hanno militato in partiti diversi. E questa è una buona cosa: ora si apre una finestra nuova e, per certi aspetti, inaspettata. Il Governo dovrà contrastare la crisi economica, il Parlamento sarà impegnato nelle riforme istituzionali e i Partiti?
E qui si giocano le partite più importanti: il lavoro (soprattutto), il rinnovamento della politica (Partiti) e le riforme costituzionali. E i cattolici devono giocare una loro partita: in Parlamento e nel Paese. Tenendo ben presente che in Italia mancano ancora due grandi partiti popolari che in futuro potranno essere avversari o alleati, ma in ogni caso costituire punti di riferimento stabili per la politica italiana ed europea.
Questione fondamentale è quella di ridare vitalità a forze politiche rinnovate che consentano alla società di rappresentarsi, come in tutte le grandi democrazie europee è necessario avvenga. Finalmente anche in Italia si è avviato un processo – da consolidare pure con scelte istituzionali e di sistema elettorale – di stabilizzazione di due grandi forze popolari. Ppe e Psoe, Tory e Labour, socialisti e gollisti, Cdu-Csu e Spd, così funzionano i grandi Stati europei e così deve avvenire anche in Italia.
E’ finita bene, dicevamo, ma è stato fortissimo il rischio di uno scontro senza confini teso ad escludere una parte decisiva della società italiana dalla scena pubblica.
Solo “l’avidità” di Beppe Grillo ha impedito un’elezione di Romano Prodi come punta di lancia di tale operazione. E tutto sotto la regia di Repubblica: un candidato principale (Romano Prodi), un obiettivo ancora più audace (Stefano Rodotà) se fosse prevalsa la pressione grillina. Hanno demonizzato Massimo D’Alema, il diavolo che per primo indicava a sinistra la necessità di dialogo tra le forze politiche, hanno utilizzato un opportunista come Matteo Renzi, che poteva evitarsi lo spregio al cattolico Marini, come l’apertura al grillante Rodotà passando per l’endorsement al “nuovo” Prodi, hanno dominato il povero Bersani ed hanno usato i mazzieri sul buon Marini. Insomma, la banda di Repubblica ha messo in campo tutti: i due re dell’intrigo (De Benedetti e Prodi), movimentisti di ogni tipo (ieri Walter Veltroni oggi Matteo Renzi), e utilizzando avventurieri tipo Beppe Grillo e Casaleggio.
Tutto questo non ci sorprende, semmai stupisce la solidità delle resistenze. A forza di sottovalutare Berlusconi non si è colto quanto rappresenti (purtroppo senza riuscire ad elaborare fino in fondo questo ruolo) le energie popolari che vogliono ancora uno Stato italico.
Un altro protagonista di questa tenuta nazionale è una parte importante del mondo cattolico, che non si è mai arreso e che ha posto con forza, costantemente, la questione della riforma dello Stato (il MCL è sicuramente fra questi). E’ bene, infine, riflettere sulle basi che hanno sorretto la tenuta di postcomunisti come Napolitano, D’Alema, Violante, che si sono resi conto, finalmente, che senza modificare la Costituzione si va verso la rovina. Una bella partita ancora aperta e nella quale i “cattolici scomodi”, che non si arrendono al declino, saranno presenti soprattutto su alcuni grandi temi: a partire dal lavoro, dalla famiglia e dal rinnovamento della politica.
(*) – Presidente del Movimento Cristiano Lavoratori (MCL)