Le cronache raccontano di “un Salvini per nulla incendiario, in versione quasi ecumenica” al comizio di Milano insieme ai rappresentanti dei partiti sovranisti giunti da tutta Europa. Così ha scritto il Corriere della Sera, il cui proprietario forse non osserva con entusiasmo la proposta di legge grillina sul conflitto di interessi.
In verità, se si va oltre l’accorto formalismo linguistico che il leder leghista ha adoperato per evitare un aggravio di polemiche e, forse, per non allertare troppo gli elettori moderati, la linea politica di Salvini è quanto di più estremo si possa proporre nei confronti dell’Europa.
Con l’”adunata” di domenica 18, rinunciando a lasciarsi sedurre dal sommesso invito berlusconiano ad essere un “sovranista illuminato”, Salvini ha deciso di presentarsi come il leader di questo improbabile fronte politico. E’ andato oltre la sintonia occasionale, per assumere la responsabilità di guidare baldanzosamente una serie di partiti la cui unica costante comune è la difesa dell’interesse nazionale oltre e contro qualsiasi forma di integrazione europea. Del resto in queste forze politiche neppure lontanamente si presentano elementi che possano farle apparire sostenitrici di una “Europa delle Patrie” di gollista memoria, ma solo un mediocre scimmiottamento di un patriottismo incapace di esercitare un’attrazione complessiva.
Questo cosa vuol dire? Collocandosi tutti sulla stessa linea, non vi saranno tra essi distinzioni di carattere strategico; in altre parole, Salvini ha scelto di legarsi, mani e piedi, ad un’alternativa sovranista, tuttavia minoritaria, che non sarebbe in grado di governare, neppure se un giorno riuscisse a presentarsi come il fronte europeo - non certo una “famiglia” - di maggior consenso. Le Pen in Francia docet.
I gesti e la coreografia complessiva visti a Milano, come espressione della sostanza politica di questo nuovo fronte, costituiscono la forma della politica sovranista. L’auspicio della necessità di un’Europa come soggetto politico e di un Parlamento europeo con prerogative di iniziativa legislativa, come proposto dal Presidente Tajani, comportano, di conseguenza, che lo spazio rappresentativo sovranista è destinato ad essere di permanente opposizione. Beneficando, peraltro, indirettamente, una sinistra decadente senza appeal sociale.
La coreografia salviniana merita, poi, altre riflessioni.
Il radicamento dell’Europa nell’esperienza cristiana ha avuto modo di esprimersi non nell’ostentazione dei simboli del culto, ma in una costruzione fondata su solidi principi orientativi della politica. La solidarietà tra le nazioni, una visione sussidiaria del potere, l’assunzione di programmi sociali per sostenere i più deboli, una politica comune per difendere pace e sicurezza, un limes occidentale coerente con sistemi democratici rappresentativi, hanno connotato da sempre, pur senza una compiuta realizzazione, la proposta europeista del popolarismo europeo, lontano da qualsiasi “scudo” di carattere religioso. Alla politica di ispirazione cristiana sono sufficienti i riferimenti di diritto naturale e della dottrina sociale senza dover mettere in campo immagini ed espressioni dirette della “fede”. Non pretendiamo certo che il leader leghista comprenda la distinzione tra “natura” e “grazia” per avere quella consapevolezza che gli eviterebbe di assumere posizioni integraliste, peraltro scadenti.
Vi è poi un elemento di politica internazionale che merita un chiarimento. La vicenda della crisi apertasi in Austria a seguito di un’oscura vicenda - probabilmente organizzata dai servizi segreti - che ha visto il vice cancelliere Strache cadere nella “trappola” di un incontro nel quale si sarebbero poste le basi per uno scambio di favori e di affari con la Russia, evidenzia due aspetti che allontanano, a cominciare da Vienna, la possibilità di una collaborazione tra Ppe ed estrema destra. Il primo riguarda la questione della politica europea verso Mosca che richiede prioritariamente, al di là dell’interesse geopolitico contrario di Washington, il raggiungimento della garanzia di una stabile condizione di sicurezza per i Paesi dell’Est che hanno sofferto nella storia l’invadenza russa. Il secondo è rappresentato dall’inadeguatezza, oltre alla fragilità, che caratterizza la classe politica della destra estrema. Lo “scandalo” che ha coinvolto il leader del Fpo potrebbe, poi, costituire un “avvertimento” anche verso altri esponenti politici.
Le elezioni di domenica e le successive mosse politiche dei partiti, a cominciare dalle rappresentanze parlamentari, sono chiamate a riordinare il filo della politica europea. Saranno passaggi decisivi per quella che la geopolitica chiama l’”Hearthland”, cioè “il cuore della terra”, sul quale restano appese le speranze di tutti coloro che non intendono rinunciare ad un futuro europeo. La scelta del voto alle rappresentanze nazionali del Ppe è d’obbligo.
Pietro Giubilo