“È importante che gli altri non siano solo destinatari di qualche attenzione, ma di veri e propri progetti. Tutti fanno progetti per se stessi, ma progettare per gli altri permette di fare un passo avanti: pone l’intelligenza a servizio dell’amore, rendendo la persona più integra e la vita più felice, perché capace di donare”. Nell'illustrare il senso della parola condivisione, la seconda delle tre che consegnò al Movimento ricevuto in udienza oltre quattro anni fa (16 gennaio 2016), le altre furono educazione e testimonianza, così ci ammonì papa Francesco. Un passaggio forse meno citato di altri nel nostro riandare a quell'importante momento di vita associativa, conferma dell'unità nell'ecclesialità, ma che assume un particolare significato nella circostanza che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo. Come è già stato fatto notare in altre riflessioni su questo sito, infatti, la sfida che il dopo-Covid apre è quella di una capacità di presenza accanto alle persone, una presenza generativa e perciò fedele alla nostra identità di Movimento. Essere Movimento, insomma, non può essere ridotto al farsi erogatori di una prestazione o a presidiare qualche forma organizzativa, bensì richiede la coscienza e la consistenza di una proposta ricostruttiva. Una proposta per gli altri, non ripiegata in uno schematismo introflesso. Non per se stessi, bensì in un'ottica di condivisione (capace, quindi, di determinare una soggettività politica).
La prima fase dell'emergenza ha dimostrato la decisività del Terzo Settore: un fatto di cui si sono rivelati più consapevoli i livelli istituzionali territoriali che il Governo centrale. In un articolo su Menabo di “Etica ed Economia”, ha ben evidenziato Anna Lisa Mandorino: “Se questo è intuitivo per quanto riguarda il fronte dei servizi erogati in modo sussidiario, non può sfuggire quanto rilevante si stia rivelando il ruolo delle organizzazioni di impegno civico anche nell’intervento diretto, vale a dire nelle attività messe in campo autonomamente per ovviare a quello che manca, nell’advocacy verso le istituzioni e, con un ruolo di governance dei processi, nel facilitare la messa in rete di soggetti che, altrimenti, faticherebbero a operare dentro piattaforme di lavoro comuni”.
Nel custodire le tracce di comunità, ci pare, i corpi intermedi con modalità molecolari possono ritessere società. Una realtà di Movimento che ha nelle proprie unità di base la forza di un radicamento oggettivo non può non sentirsi impegnata - per gli altri, quindi così essendo davvero se stessa - nel donare dinamismo alla “sussidiarietà circolare”. In questo lavoro non si può non cercare un virtuoso dialogo, confermando un'attenzione non di oggi da parte del Mcl, con gli Enti locali e con le forze vitali che ancora animano il nostro Paese. Ricordando quanto il Santo Padre indicò alla Chiesa italiana al Convegno nazionale di Firenze: “il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà”.
Camminare insieme è, concludendo, il metodo che può edificare. Come recita un proverbio africano: “Se vuoi andare veloce, corri da solo. Se vuoi andare lontano, vai insieme a qualcuno”.
Marco Margrita