In questi giorni l’epidemia ha colpito tutti i settori della nostra società, con ripercussioni gravi alla ripresa (auguriamoci quanto prima) di tutte le attività produttive del nostro Paese.
Certamente il mondo dello sport ha subito come un pugile al tappeto, uno dopo l’altro pugni in tutte le discipline, con l’annullamento di appuntamenti fissati nei calendari, l’ultimo dei quali addirittura è stato il famoso e storico torneo di tennis di Wimbledon, dove sport, storia e socialità si mescolano in un mese indimenticabile di gioia e emozioni reciproche.
La disciplina maggiormente seguita, il calcio, e i “signori del relativo Business, con un giro economico plurimilionario, con molta resistenza soprattutto nei Paesi del Nord Europa, ha chiuso gli stadi e gli allenamenti solo dopo i vari casi di positività al Covid-19, verificati e acclarati in Italia e Spagna. Tale evento straordinario che ha fatto ripiombare il mondo dello sport al periodo bellico delle due guerre mondiali, con annesse paure per lo più economiche sui bilanci delle società calcistiche visti i sontuosi contratti commerciali, con un dibattito sterile sulla ripresa agonistica, quasi come se le continue tristi perdite di vite umane quotidiane passassero in secondo piano rispetto alla tragedia mondiale della pandemia che stiamo vivendo.
Addirittura alcune società calcistiche avevano paventato quasi obbligando i calciatori a riprendere gli allenamenti sia pure separati a gruppi, fortunatamente stavolta la FIGC e la UEFA hanno stoppato ogni velleità di questo genere. Anche il Coni ha svolto correttamente la sua parte, perché probabilmente l’era della globalizzazione e del raggiungimento di un certo benessere sportivo ha fatto perdere di vista i valori sani dello sport, che rappresenta certamente una realtà fondamentale per il benessere sociale sia per coloro che lo praticano in maniera amatoriale, sia per coloro che lo praticano in modo professionale; ma ciò non può non fare riflettere sulla assoluta necessità di un ridimensionamento in termini di cifre e di valori economici in un sistema ormai completamente “drogato dal Dio Denaro”, dove il mostro Covid-19 ci ha fatto capire che tutto si può distruggere in pochi giorni.
Lo sport certamente ha un indotto di quasi 5 milioni di persone che lavorano e che hanno famiglia ma c’è troppa sproporzione tra chi guadagna milioni e chi invece poche centinaia di euro… è forse giunto il momento di una pausa di riflessione, seria e concreta; mi pare di vedere che nel mondo del calcio solo una/due società hanno tagliato stipendi… troppo poco, per un mondo fatto di tante società e come ha detto bene il Presidente Sibilia la LND è quella più penalizzata in assoluto.
Il ciclismo ha dovuto rinunciare alla grande corsa del Tour de France, oltre alle grandi classiche del nord, che si erano sempre svolte tranne che nel periodo della grande guerra, del resto è uno sport dove il distanziamento sociale è praticamente impossibile, ma che coinvolge tante persone lungo i belli e variegati percorsi stradali.
E’ stato esilarante, ma triste e nel contempo realistico, uno spot televisivo girato da Federica Pellegrini, plurimedagliata, che simulava nel letto di casa sua, tuffi, partenze, ripartenze, nuotate, fingendo una realtà virtuale e al momento molto distante dalla percezione reale, che ci dà la dimensione di quanto sia potente “il nemico invisibile” del Coronavirus; così al pari dell’altro mondo dorato della Formula 1 di automobilismo, che si è anch’essa inchinata alla emergenza sanitaria mondiale cancellando i vari GP, ma inventandosi quelli virtuali su una nota piattaforma televisiva.
Molto bello è stato il gesto della scuderia Ferrari e della Mclaren che si erano rifiutati a prescindere di gareggiare in un continente lontano come l’Australia, ma non immune dal contagio, a cui sono seguiti poi a cascata rinvii o annullamenti delle gare successive in programma.
Insomma, queste settimane di quarantena causa coronavirus non verranno ovviamente ricordate per vittorie e risultati, è possibile però ricavare dalla crisi in corso delle lezioni per il sistema dello sport professionistico. Di fatto è andata in frantumi la grande illusione che lo sport potesse godere di uno statuto differente in grado di metterlo al riparo dal rischio politico e che la sua immunità, data dal grande consenso sociale, accompagnato da un mare di denaro, potesse renderlo impenetrabile e che nemmeno la grave crisi economica del 2008 aveva scalfito.
Non resta che dire, in conclusione, che più che augurarci di riprendere i calendari o le manifestazioni sportive, dobbiamo auspicare che si ritrovi prima il sorriso nei milioni di sportivi a tutti i livelli, da quello agonistico a quello dilettantistico, che naturalmente è possibile praticare se si gode di ottima salute, elemento imprescindibile per ogni circostanza della vita e a cui tutti indifferentemente dobbiamo tenere rispettando le regole Governative con un unico imperativo: IO RESTO A CASA.
Michele Cutolo
Vicepresidente nazionale MCL