Che differenza c’è fra quanti come noi sostengono che bisogna cambiare l’Europa dal di dentro e quanti, da fronti solo apparentemente diversi fra loro, come quelli dei sovranisti e populisti italiani, chiedono di conquistare l’Europa per via elettorale, sottintendendo che anche loro vogliono cambiarla? Ecco, le differenze ci sono tutte e forse è utile metterle a fuoco.
Innanzitutto chi siamo “noi” e chi sono “loro”.
Noi… siamo quelli che credono nell’Europa dei Padri fondatori (Adenauer, De Gasperi e Schuman). Cioè noi siamo a casa nostra nella famiglia popolare europea e crediamo che si possa ancora costruire un’Europa dei popoli e delle persone votata alla libertà, alla pace, alla democrazia rappresentativa, allo sviluppo, alla giustizia sociale, alla solidarietà e alla sussidiarietà.
Loro… sono quelli che, se sovranisti, pensano si debba svuotare l’Europa di competenze, vincoli e controlli. Così che ognuno possa tornare a fare da sé, magari cominciando a disarticolare inesorabilmente il mercato comune sino al punto di tornare alle dogane. E perché no, ai sacri confini delle piccole patrie. Con un evidente richiamo nostalgico a un’Europa divisa, in cui ognuno sia padrone a casa propria. E pazienza se questo possa comportare un’evidente debolezza economica, un rischio per la pace e la rinascita di nuovi muri.
Loro… sono quelli che, se populisti, accusano le istituzioni europee di ogni misfatto nei confronti dei popoli, senza mai soffermarsi a riflettere sulle parole di John Fitzgerald Kennedy nel suo discorso d’insediamento alla Casa Bianca: “Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”. Meglio, i populisti credono che il loro primo compito, in un impeto rivoluzionario, sia quello di fare tabula rasa della democrazia rappresentativa per instaurare un nuovo potere figlio del popolo. Che questa previsione porti con sé il germe del leninismo non li imbarazza, né li frena.
Noi… siamo quelli che credono nell’economia sociale di mercato e nei corpi intermedi. Innanzitutto perché abbiamo fiducia nella libera iniziativa delle persone, delle comunità e delle imprese. Perciò attribuiamo allo Stato e alle autorità sovranazionali il compito di regolatori saggi e responsabili. Ma soprattutto crediamo che la qualità della vita democratica, culturale, economica e sociale dipendano in larga misura dal ruolo dei corpi intermedi e dalla loro capacità di ricucire il Paese e l’Europa.
Loro… sono quelli che credono nella primazia dello Stato nazionale sino al punto di rischiare l’isolamento dall’Europa; che ipotizzano radicali e onerosi processi di nazionalizzazione dell’economia; che diffidano dell’Europa nella sua veste di legislatore; che attribuiscono all’Europa e alle sue burocrazie tutte le colpe del mancato sviluppo di alcune economie nazionali; che diffidano di ogni intermediazione sociale e dello stesso dialogo sociale; che sposano la disintermediazione come strumento di relazione tra leader e popolo.
Noi e loro… Potremmo continuare all’infinito e sinceramente tutto questo non ci piace. Di sicuro, non avremmo voluto arrivare al punto di sottolineare una differenza valoriale che può apparire incolmabile. E ci rammarica persino essere caduti nella trappola insopportabile della contrapposizione distruttiva e senza via d’uscita. Quel “noi e loro”, da artificio retorico, rischia di diventare un muro antropologico. Ma basta ascoltare le loro parole aggressive che dilagano nei talk show, nei telegiornali, nelle radio e sulle pagine dei giornali. Sembra che la Terza Repubblica italiana, intenzionata a rivoluzionare l’Europa, debba nascere necessariamente attraverso il fuoco delle parole e la spada dei gesti. Il tutto segnato da una maggioranza strabordante nel Parlamento e nel Paese che indica, nei governanti di ieri e dell’altro ieri, nemici da cancellare perché accusati di gravissimi crimini sociali. Come in un tribunale del popolo in servizio permanente effettivo. Il che impedisce, nei fatti, qualunque possibilità di dialogo. Anche nelle aule parlamentari oltre che nelle piazze. Dove nessuno ascolta nessuno. Speriamo che non ci trascinino tutti in una guerra senza quartiere e… senza prigionieri.
Ecco perché ci duole scrivere di “noi e loro”. Dove ci avete trascinato…
Domenico Delle Foglie