In politica nove mesi dovrebbero essere più che sufficienti per elaborare il lutto di una sconfitta elettorale, seppure cocente. Il 4 marzo è ormai lontanissimo e già si prospetta un grande appuntamento elettorale che farà tornare gli italiani al voto dopo la prima manovra gialloverde e le mille scosse procurate dai rapporti sempre stressati e stressanti fra Cinquestelle e Lega.
Ecco perché non è più tempo per piangere su quello che non è stato, piuttosto occorre avvicinarsi alle elezioni europee di maggio 2019 con la consapevolezza che possono diventare un’occasione propizia per ricompattare i moderati italiani e offrire loro la visibilità negata dal governo del cambiamento. Anzi, sarebbe meglio dire governo del rancore sociale, del giustizialismo, della penalizzazione dei ceti medi e produttivi, dell’assistenzialismo diffuso. L’agenda governativa è stata dettata da forti sentimenti negativi, come nel caso clamoroso della penalizzazione fiscale inflitta, a cuor leggero, al mondo del terzo settore, del volontariato, delle opere sociali della Chiesa. Per non parlare del taglio progressivo al Fondo per l’editoria (sino alla sua estinzione) che danneggerà le voci del territorio e pochi quotidiani di opinione non allineati al governo gialloverde.
Dunque, possiamo affermare che questo governo e le due forze che lo compongono (al di là delle lacrime di coccodrillo versate sempre il giorno dopo) non hanno a cuore la sussidiarietà, così come non ritengono di dover sostenere il pluralismo dell’informazione. Per non parlare dell’assenza del dialogo sociale che a stento viene abbozzato. Infatti il governo Conte si è limitato a ricevere e ascoltare le parti sociali. Ovviamente senza dare risposta alcuna, perché così si usa in casa sovranista e populista. Perché l’intermediazione sociale è vissuta come una noiosa seccatura. Anzi, peggio: come un’indebita forma di concorrenza nei confronti della politica totalizzante.
Per i moderati italiani ce ne sarebbe già d’avanzo per tornare a macinare buona politica. Perché la sussidiarietà, il sostegno al pluralismo, i corpi intermedi, la libertà di educazione e il dialogo sociale sono i cardini di una politica moderata che in Europa è di casa, grazie soprattutto al ruolo svolto da una famiglia politica: il Partito popolare europeo. Quella stessa famiglia politica (dalle antiche e solide radici cristiane) che ha costruito il benessere di buona parte del Continente anche grazie alle sue felici intuizioni in materia economica, attraverso l’economia sociale di mercato e la doppia leva integrata del pubblico e del privato. Con lo Stato a svolgere il ruolo di regolatore, senza la pretesa di essere il padrone assoluto della vita e del destino dei cittadini. Esattamente il contrario di quanto la politica oggi vincente sembra affermare. E cioè che non ci sia vita fuori dello Stato e senza lo Stato. Mortificando così i territori, le autonomie, le comunità e i soggetti sociali.
I primi a doversi rendere conto che questi cardini rispondono ad un’esigenza di libertà interiore dovrebbero essere proprio gli elettori cattolici. Di norma moderati, ma di recente così frastornati da portare acqua al mulino dei sovranisti e dei populisti, dimenticando la loro tradizione più genuina. Quella riserva di senso che nel dopoguerra non ha mai trascinato i cattolici nel gorgo dei comportamenti conservatori né li ha mai spinti ad accettare o assecondare torsioni autoritarie e liberticide che talvolta sembrano affiorare nelle scelte dei nuovi potenti. Quelli che si affacciano ai balconi materiali e/o virtuali e aspettano l’applauso del popolo per le briciole lanciate.
Di sicuro, i moderati italiani hanno un’occasione storica per ritornare protagonisti. Innanzitutto contribuendo a bloccare l’avanzata di sovranisti e populisti, annunciata tra le fanfare della retorica e della propaganda ma destinata a rivelarsi un sogno interrotto. E poi aiutando a scrivere un’agenda europea moderata e riformista, in grado di sostenere una crescita sostenibile, di tagliare le unghie ai tecnocrati e restituire centralità alla politica rappresentativa. Esattamente quella politica che ha consentito a sovranisti e populisti di conquistare le stanze dei bottoni, ma alla quale vorrebbero infliggere una torsione illiberale. Anche per fermare questa deriva i moderati hanno una famiglia europea di riferimento: la casa dei popolari. Sarebbe il caso, anche per i moderati italiani, di tornare ad esserne soci di maggioranza.
Domenico Delle Foglie