Come vivrebbe nel nostro tempo politico, un uomo come Luigi Sturzo? La domanda non è affatto peregrina, perché nel mentre celebriamo i 100 anni dalla nascita (18 gennaio 1919) del Partito popolare italiano, molte riflessioni si affastellano nel tentativo di rileggere il presente con gli occhi di ieri, anzi di un passato ormai remotissimo. Un passato politicamente coraggioso e glorioso, ma figlio del proprio tempo. Infatti, è singolare cercare l’attualità dell’Appello ai liberi e forti di don Luigi Sturzo senza ricordare che la Grande guerra si era appena conclusa con il suo tragico prezzo di vite umane, che il Paese di dibatteva nella miseria materiale e culturale, che i cattolici facevano ancora fatica ad impegnarsi in politica dopo i lunghissimi anni del “non expedit”. E che la sua proposta partitica nasceva dentro una cornice di Stato non ancora compiutamente democratica. Almeno, non nella pienezza che la Costituzione italiana avrebbe attribuito allo Stato italiano risorto dalle macerie del Secondo conflitto mondiale .
La verità è che i nostri tentativi di attualizzazione dovrebbero partire dalla complessità del nostro presente. A partire dalle attuali e gravi contraddizioni della globalizzazione, dalla vittoria del relativismo e dell’individualismo, dalla rarefazione della cultura della responsabilità, dall’insorgenza virulenta dei sovranismi e dei populismi di varia matrice. E ancora, dal fattore tempo che mai come in questa epoca brucia idee, pensieri, uomini e donne, leader e punti di riferimento. In un’orgia costante ed effimera, nella quale tutto viene consumato in un tempo brevissimo. Quasi uno stritolamento legato all’impossibilità materiale della politica di rispondere alla domanda soggettiva e popolare di benessere economico e di sicurezza sociale. In un meccanismo infernale di domanda e offerta politiche, che nulla ha in comune con il pensiero lungo di Sturzo o anche dei Padri costituenti, e molto di più con le logiche del marketing, sia pure politico. Ma sempre di marketing si tratta…
Ecco perché oggi, uomini come Moro, Andreotti, Fanfani, De Gasperi e lo stesso Sturzo, forse non saprebbero da che parte cominciare. Ce li vedreste alle prese con uno streaming, oppure a cavalcare i social? O a ribattere ogni cinque minuti all’opposizione e a vivere incessantemente in una bolla propagandistica? O ancora, a non curarsi delle conseguenze delle scelte contingenti, purché la propria parte politica abbia il momentaneo e spesso effimero sopravvento?
Tutto questo dovrebbe spingerci a una maggiore stima nei confronti di quei cattolici che continuano a pensare politicamente e che fanno scelte qui ed ora. Ben consapevoli che il partito cattolico è un’esperienza al momento impraticabile e forse irripetibile, che per sano realismo (non per cinismo) occorre muoversi dentro i parametri dell’attuale offerta politica, che vale ancora la pena cercare le assonanze con le proprie radici popolari e identitarie, che l’eredità valoriale di libertà e giustizia va messa alla prova.
Per queste ragioni va guardata con favore la posizione di quanti suggeriscono un sostegno, nelle prossime elezioni continentali, alle liste collegate con la famiglia del popolarismo europeo. Peraltro si tratta di una scelta di realismo che lascia aperte tutte le possibilità, a cominciare dalla concreta costruzione del “Forum civico” evocato dal presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti. Cioè quella rete di territori e di persone, solidale ed europeista, capace di dare voce alla coscienza cristiana. Ma anche un luogo in cui sperimentare, dal basso, “l’unità dei cattolici nel pluralismo”, problema ancora irrisolto e causa indiretta di tanti deficit legislativi oltre che di una mancata rappresentanza nei governi delle città e delle Regioni.
Ma occorre partire dal “nostro” qui ed ora: dai diritti negati, dalla tutela e dalla promozione dei poveri (tutti i poveri), dalla valorizzazione della famiglia, dalla difesa del lavoro come diritto, dalla stima per i corpi intermedi e per la democrazia rappresentativa, dalla credibilità delle autonomie locali, dall’economia sociale di mercato, dall’equilibrio fra Stato e mercato, dalla ricerca della pace, dall’Europa come comunità di destino. E dove si può fare al meglio, ai nostri giorni, se non nella famiglia popolare europea?
Domenico Delle Foglie