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Lavoriamo per far nascere una forza politica nel solco della tradizione popolare europea
Si torna a parlare anche in Italia, con una certa frequenza, di popolarismo. Essere popolari? Per spiegare il significato cito le parole dell’ex cancelliere tedesco Helmuth Kohl: “essere popolare vuol dire essere conservatore sui grandi valori della vita e dell’esistenza, liberale in economia, cristiano democratico nelle posizioni che contraddistinguono la solidarietà sociale, riformatore dal punto di vista della società e delle istituzioni”.
Penso sia saggio in questo momento di confusione politica e di grave difficoltà economico-sociale fare riferimento alle storie: e, per quanto mi riguarda, quella del pensiero politico democratico-cristiano, che è il fondamento del PPE, è dal mio punto di vista l’unico riferimento certo a cui intendo ancorarmi.
Credo che sia indispensabile, nei tempi che verranno, alimentare eventi politico-culturali, e noi questo faremo, a cui partecipino coloro che, per semplicità, reputino che la dialettica fra popolari e socialisti non sia finita. Anzi, come testimoniato dai risultati europei - dove il PPE ha vinto anche questa volta ed i socialisti sono arrivati secondi - possa essere ancora la prospettiva di sviluppo e pace.
“Il Paese smarrito – ha scritto recentemente Marco Margrita – ha bisogno di visioni e parole chiare. Costruire, certo sapendosi minoranza (creativa non settaria), con orizzonti globali. A questo siamo chiamati. A niente meno di questo”.
Come abbiamo sempre distinto, con forza, la matrice popolare da quella populista, oggi la distinguiamo, ancora, da quella socialista. Che, intendiamoci, ripeto, è stimabile per il contributo che ha offerto alla vita democratica della nostra Europa. Ma non è la nostra. Lo ribadiamo con convinzione adesso che il popolare Jean Claude Juncker ha fatto, nel suo intervento a Strasburgo il 15 luglio scorso - il giorno della sua elezione da parte del Parlamento europeo a Presidente dell’UE - alcuni passaggi significativi: “L’economia deve servire ai cittadini, le regole del mercato interno non devono valere più delle regole sociali. Il mercato non deve prevalere. Sono un entusiasta dell’economia sociale di mercato. Con la crisi non ha fallito l’economia sociale di mercato, ma hanno fallito coloro che hanno fatto politica badando solo ai profitti. Vorrei essere un presidente del dialogo sociale”.
Ci sono le contingenze politiche e, sulla base della matrice popolare, dobbiamo essere disponibili nella contingenza ad alleanze con la sinistra, ma non significa essere di sinistra, ma alternativi, come più volte ribadito da De Gasperi e Moro.
E, come ho scritto più volte, in Italia una forza politica a vocazione maggioritaria esiste già: il PD socialdemocratico (che in Europa ha scelto i socialisti) a trazione Renzi. Lavoriamo per farne nascere un’altra, non populista, nel solco della tradizione popolare europea, fondata su programmi e valori chiari e non su leaderismi o organigrammi.
Carlo Costalli
Presidente del Movimento Cristiano Lavoratori