Quattro pilastri per rialzare l’euro: consolidamento fiscale, rafforzamento della governance economica, stabilità finanziaria, competitività e crescita. Il documento finale con cui il Partito popolare europeo ha chiuso il suo ventesimo congresso ha sostenuto la necessità del metodo comunitario per uscire dalla crisi. La costruzione dell’Europea, sostengono i Popolari, non può essere fermata da chi pensa solo ai propri interessi particolari. Sulla riunione di Marsiglia ha gravato infatti l’attesa per il vertice europeo di Bruxelles, caratterizzato dal no della Gran Bretagna al Patto di bilancio con cui si intende rafforzare la disciplina budgetaria e aumentare la potenza di fuoco delle misure salva euro, nella consapevolezza che dalla crisi o si esce insieme e sarà il caos. E la strada giusta, secondo il Ppe, è quella di una sovranità comune in ambito budgetario, fiscale e sociale; uno “sforzo comune dei 27, che dovrà essere ancora maggiore per la zona euro, per aiutare le imprese a creare ricchezza e lavoro”. In un’Europa alle prese con il passaggio più delicato della sua storia, il Partito popolare europeo, sembra chiamato ancora una volta a caricarsi in spalla la Grande Malata. “Abbiamo la pesante responsabilità di fare uscire l’Europa dalla crisi”, spiega il capogruppo Ppe a Strasburgo Joseph Daul, “e anche in quest’occasione, com’è accaduto per la creazione della Comunità europea, la riunificazione, il Mercato unico, il Ppe sarà all’altezza della nuova sfida, che è quella di moralizzare i mercati finanziari”. Una moralizzazione che non può prescindere da una coesione autentica degli Stati membri nella gestione della crisi. Ecco perché i Popolari deplorano il “no” della Gran Bretagna al Patto di bilancio, che ha impedito di fatto un accordo realmente comunitario. L’avvenire di 500 milioni di cittadini europei, si fa notare, non può essere ostaggio di interessi “puramente nazionali”. Combattere la crisi, significa per il Ppe non solo restituire fiducia ai mercati ridando sostenibilità alla finanza pubblica. L’occupazione dovrà essere il perno della crescita di un’Europa che non può pensare di risollevarsi solo con misure di austerità. Anche lo Stato sociale, oltre al debito, ha bisogno dunque di una sua sostenibilità. Occorre allora rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo del Mercato unico, sottolineano i Popolari europei, e riformare il mercato del lavoro e i sistemi previdenziali.
Diritti umani - Marsiglia ha rappresentato inoltre l’approccio ideale della famiglia popolare europea, che guarda con interesse e speranza alla sponda sud del Mediterraneo e agli ultimi sviluppi del mondo arabo. Così come accaduto nel corso dei decenni con le rivoluzioni democratiche dell’Europa mediterranea (Grecia, Spagna e Portogallo), l’apertura a Est e il conflitto jugoslavo, ma anche con il sostegno all’Africa e ai popoli d’oltrecortina, il Partito popolare europeo non vuole sottrarsi alle sue responsabilità, candidandosi come co-interprete, e apripista della politica Ue, del ruolo di stabilizzatore della sponda sud del Mediterraneo. Magari aprendosi al dialogo con i partiti islamici. Così com’è accaduto per l’ex blocco sovietico, l’Europa, spiega il Ppe, può giocare un ruolo determinante nella gestione della transizione democratica dei Paesi del nord Africa, “senza l’utilizzo delle armi”, per aprirsi uno spazio di cooperazione economica e politica “reale”. E’ fondamentale, dunque, definire nuove priorità politiche nelle relazioni euromediterranee, fondate sugli ideali democratici e di rispetto dei diritti umani. Il Ppe, in questo senso, sa di avere i numeri a Strasburgo (e in seno al Consiglio europeo) per decidere l’agenda mediterranea dell’Ue e agire su proposte di cooperazione e sviluppo democratico. Che dovranno fondarsi su nuovi partenariati, pluralismo politico, gestione comunitaria dell’emergenza migratoria, approvvigionamento energetico, promozione dei valori, sostegno al dialogo e alla libertà religiosa. Più in generale, si riafferma l’impegno della casa popolare europea per la promozione dei valori e delle libertà fondamentali. Non va dimenticata, infatti, la condizione dei cristiani che vivono nel mondo arabo, e che sono soggetti a forti discriminazioni. In Libano, la popolazione è formata per un terzo da cristiani, che sono poco più del 10 per cento in Siria, Egitto. Transizione democratica, afferma il Ppe, significa che le riforme costituzionali e di riorganizzazione delle società del mondo arabo devono favorire la “piena integrazione”, “senza alcuna discriminazione”, garantendo “la totale laicità delle strutture istituzionali”. E’ coerente in questo senso, l’appello del presidente Wilfried Martens alla tutela delle minoranze copte in Egitto. L’impegno Popolare per la libertà naturalmente non guarda solo a sud, ma anche a est: lo dimostra il breve ma molto significativo intervento a Marsiglia di Eugenia Carr, la figlia Yulia Timoshenko, eroina della (breve) rivoluzione arancione in Ucraina in carcere da agosto. Un arresto definito da più parti decisamente “politico”, in un Paese ormai considerato alla stregua di un protettorato russo.
Todi e dintorni - Il congresso del Partito popolare europeo non ha lesinato scintille nella partita tutta interna ai partiti moderati di casa nostra. Tutti lavorano per il partito popolare italiano. L’orizzonte è il 2013, quanto l’interregno tecnocratico sarà finito. A Todi, la Cei è stata chiara. Le Opa sul nuovo progetto cattolico moderato, tuttavia, non mancano, e camminano in parallelo, senza convergere. Per “ridare voce politica” alla delusione, sottolinea Carlo Costalli, occorre “un progetto che passi per una ristrutturazione delle proposte partitiche esistenti”, proposte che secondo il presidente del Mcl, non possono che fare riferimento “agli ideali ed ai valori del Partito popolare europeo”. A Marsiglia l’Udc ha ribadito le proprie ragioni per il non possumus a un partito dei moderati a misura di berluscones. “Berlusconi aveva unito l’area dei moderati e ha vinto, e quando ha deciso di romperla ha perso”, rileva Rocco Buttiglione. L'area dei moderati, dice il presidente dell’Udc, “si può riunire intorno a Casini, non intorno al Cavaliere”. Il berlusconismo non può dunque riciclarsi come garante del ritrovato discernimento del voto cattolico. Che credibilità avrebbe, si chiedono i centristi? Vanno messe in campo forze nuove, osserva Buttiglione, “ma prima bisognerà verificare l’atteggiamento dei partiti che appoggeranno il governo Monti, e poi potremo parlare di costituente dei moderati”. I paletti sono chiari. Alfano, spiega il filosofo, ha un grande destino politico, ma deve uscire dalla casa del padre: “All'ombra delle querce non nascono platani ma solo funghi”. Il nuovo soggetto politico moderato deve dunque prescindere dall’ex capo del governo: “Non rientriamo in un partito governato da chi ha perso”, scandisce l’ex alleato democristiano del Cavaliere. “Se si vuole fare un Ppe in Italia – aggiunge Buttiglione - non possono passare sotto silenzio alcune cose, come il fallimento di un partito identitario, che ha privilegiato l'alleanza con la Lega Nord”.
Pierpaolo Arzilla