Con un rituale già visto più volte, il giorno dopo la nuova tragedia del Mediterraneo - forse una delle più grandi della storia recente dei naufragi - le parole di condanna che si levano dalle varie istituzioni, nazionali, europee ed internazionali, sono sempre le stesse!
Alle invocazioni per un intervento più deciso da parte dell'Unione Europea si accompagnano le voci di chi ha sempre proposte pronte per facili soluzioni. Alcuni invocano anche i blocchi navali!
Quando c'è fame, disperazione e guerra, l'uomo, in qualsiasi maniera, cerca sempre, e giustamente, una via di fuga.
Non è semplice bloccare un fenomeno come quello che da anni, sotto il nome di migrazione, sta coinvolgendo milioni di disperati in un esodo che altro non é, al di là della illusione collettiva, la speranza di poter trovare la felicità in una terra che, complice anche la crisi recente, non è più in grado di recepire neppure i flussi programmati.
Contemporaneamente in Europa sono saltati tutti i vari modelli di integrazione, e coloro che credono di poter bloccare il fenomeno con la forza si fanno scudo di un alibi che è supportato proprio da una generica assimilazione di tutta la migrazione con il terrorismo, con la violenza. Poi abbiamo la nostre case piene di badanti "extracomunitarie".
Non credo che sia facile trovare le parole giuste di fronte ad una tragedia come questa avvenuta davanti alle coste libiche ma, come più volte ho cercato di sostenere, non è che si può continuare ad intervenire sul fenomeno senza cercare soluzioni per le cause che lo determinano.
Negli ultimi anni il mondo occidentale è intervenuto per "portare la democrazia" in Iraq, ha bombardato la Libia, ma non è intervenuto nel sud del Sudan, nel corno d'Africa, lascia la Siria al suo destino, la Nigeria... In Libia oggi l'anarchia regna sovrana anche col nome dell'ISIS.
Bisogna rimuovere le cause che danno forza a questo fenomeno ed alimentano filoni di malavita e criminalità: uomini senza alcuno scrupolo morale "uccidono uomini morti", uomini che hanno già lasciato ogni speranza nell'estremo tentativo verso l'ignoto, quell'ignoto presentato come il paradiso.
Questa illusione muore ancora una volta nel "nostro mare": qui si costruisce il più grande cimitero del secolo, qui si seppellisce una storia, una cultura, una tradizione che aveva fatto sorgere la più grande civiltà della storia!
Ed allora perchè non ricordare che anche tutti i nostri governi - seppur impegnati nel soccorso con lodevole comportamento - ogni anno sottraggono risorse alla cooperazione internazionale!
La nostra "Seconda Repubblica" ha tagliato sempre fondi e denari in questo settore, sempre nel nome della crisi, del risparmio, delle riforme.
Se non si interviene subito in Libia, nel Corno d'Africa, in Nigeria questo fenomeno non si attenuerà e tra qualche giorno tutto sembrerà tornare alla "normalità": in fondo chi piange più oggi per la tragedia di Lampedusa?
Papa Francesco ci invita a combattere la "globalizzazione dell'indifferenza", ma di fronte a tante belle parole dei vari ministri europei, riuniti oggi a Lussemburgo, mi sembra di vedere il "coccodrillo che piange".
Dove sono le Nazioni Unite? Dove sta il premio Nobel per la pace, Obama? Quo Vadis Europa?
Tanto domani il sussulto delle quotazioni di borsa ci porterà a chiederci se la Grecia continuerà con l'euro ed a pensare che le vere emergenze dell'uomo siano solo quelle legate ai dividendi finanziari.
Piergiorgio Sciacqua