Di seguito riportiamo la versione integrale della relazione del Presidente del MCL ,Carlo Costalli, al Convegno su: Caritas in Veritate "Persona, lavoro e sviluppo" organizzato dal Forum delle Persone e delle Associazioni di ispirazone cattolica nel mondo del lavoro:
Ci chiediamo spesso quale contributo le persone e le associazioni cattoliche operanti nel mondo del lavoro possano dare per uscire dalla situazione di crisi, magari più forti e solidali di prima, evitando di abbandonarsi a piagnistei o rivendicazioni lobbystiche, affrontando le indubbie difficoltà del momento presente “in una chiave più fiduciosa che rassegnata”, come suggerisce la Caritas in Veritate.
Innanzitutto ci spetta il compito di preservare, custodire e rendere visibile quello sconfinato capitale sociale che, costruito e alimentato negli anni, è diventato un autentico patrimonio collettivo di questa nostra vacillante comunità nazionale. E’ fatto di straordinari percorsi intellettuali, di esperienze e istituzioni educative, di associazioni e movimenti che presidiano e servono vari ambiti sociali, di strumenti di comunicazione che raccontano le tante storie di bene, di luoghi nei quali il futuro della società è messo al primo posto, di slanci di generosità di cui si vedono frutti copiosi, di servizi alle persone caratterizzati dalla gratuità, di occasioni di dialogo cercate con tenacia: tutti fattori di straordinaria importanza che non possono essere meccanicamente misurabili con gli indicatori del Pil.
E’ la fotografia che emerge dalla stessa Enciclica quando, riferendosi al capitale sociale, lo indica come “quell’insieme di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole indispensabili ad ogni convivenza civile”.
Sappiamo tutti bene quanto ci manchino comportamenti e prassi di civile convivenza e quanto si corra il rischio di mettere a repentaglio anche la coesione sociale: bene prezioso da custodire con cura e da difendere!
Il Papa nell’enciclica afferma che il mercato deve funzionare non solo sulla base del rispetto dei contratti e per massimizzare il valore dei beni scambiati, ma anche sulla giustizia distributiva e sociale. Peraltro il mercato, da solo, non riesce a produrre quella coesione sociale e quella fiducia di cui ha bisogno per ben funzionare. Anche nel nostro Paese l’aumento delle distanze tra ricchi e poveri che gli istituti di statistica evidenziano e l’aumento delle ingiustizie sociali, tra le quali possiamo catalogare l’assenza di vere politiche familiari, portano inesorabilmente verso la rottura della coesione sociale, pericolo che dobbiamo contrastare con il massimo dell’impegno possibile in particolare con la proposta di un nuovo modello di welfare attivo, non semplicemente risarcitorio o deresponsabilizzante. Modello che sarà possibile solo a seguito di riforme incisive ed efficaci che, a loro volta, saranno realizzabili solo in un clima di riconciliazione e coesione perseguendo con tenacia e passione quel bene comune che può essere raggiunto attraverso l’esercizio diffuso della responsabilità sociale personale e collettiva. E’ proprio a questo punto che entra in campo anche la nostra specificità, quella di chi, come noi, percependo una specifica vocazione, decide di rispondervi con una “assunzione solidale di responsabilità” (CinV). Lo sbocco naturale di capitale, coesione, responsabilità sociale si chiama sussidiarietà che è ben più di una semplice formula organizzativa: è un profetico modello di corresponsabilità che lascia la strada aperta alla libera e innovativa espressione dell’iniziativa personale o comunitaria con uno specifico e straordinario ruolo dei corpi intermedi. Si tratta di un modello in cui la fiducia reciproca è il fondamento che sostiene l’agire, anche del nostro “Forum”, e proprio per questo suggerisce scelte sempre più solidali e meno individualiste. In cui il “noi” conta più di un solitario, autoreferenziale ed isolato, “io”. Siamo consapevoli che oggi, ancor più che in passato, siamo chiamati non solo ad esprimere in modo competente ed attualizzato la rappresentanza degli interessi specifici delle nostre associazioni, ma ad un nuovo protagonismo, ad una collettiva assunzione di responsabilità, per concorrere a rivitalizzare la qualità dell’azione sociale e dell’azione politica ed a ricostruire un “sistema di valori”, sui quali innestare una nuova fase di sviluppo delle nostre comunità. E tenendo ben presente che lo sviluppo vero non può tenere separati i temi della giustizia sociale da quelli del rispetto della vita e della famiglia, e sbagliano quanti, in questi anni, hanno contrapposto l’etica della vita con l’etica sociale. La saldatura fra etica sociale ed etica della vita è un imperativo categorico.
In quest’ottica mi ha colpito l’esempio che un eminente relatore ha fatto qualche giorno fa al Seminario di studi di una rete che vede al proprio interno alcune delle nostre associazioni. Egli paragonava il ruolo delle associazioni di ispirazione cristiana operanti nella società civile a quello degli esploratori del popolo d’Israele in viaggio verso la terra promessa. A me sembra che questo confronto ci porti ad un paio di considerazioni. La prima è che questo compito di indicare un percorso, un cammino sicuro verso un traguardo così importante è affidato a chi conosce il territorio e ne sa valutare opportunità e rischi, a chi è in grado di scegliere in che modo, in quale momento e con quali modalità, e attraverso quali percorsi far avanzare una comunità. La seconda è che questi esploratori devono saper convincere la gente sulla bontà e ragionevolezza di una scelta di direzione.
Queste due considerazioni comportano per noi altrettante conseguenze a partire dalla consapevolezza che la conoscenza, la percezione del territorio è risorsa assolutamente fondamentale nell’individuare i percorsi praticabili senza salti nel buio o avventure rischiose. Inoltre deve accompagnarci, in questa esperienza del Forum, non tanto la presunzione di autosufficienza, o di essere largamente rappresentativi di un mondo (certamente lo siamo), quanto la ricerca di un consenso ampio proprio in quel popolo del quale ci sentiamo parte viva e i cui destini sentiamo come intimamente nostri.
E’ importante rafforzare la dimensione del “noi”, cercare di costruire una identità comune chiara, ben percepibile, rendendo visibile il nostro impegno in favore della rinascita morale, economica e sociale italiana che porti a rafforzare la dimensione partecipativa a tutti i livelli, in opposizione alla tentazione della delega e della rinuncia. Tale identità la si può plasmare solo attraverso percorsi comuni di formazione, di approfondimento, di confronto come quelli che stiamo vivendo oggi. L’attività di formazione e di consolidamento di una identità comune va perseguita e realizzata anche a livello delle comunità locali nelle quali siamo chiamati ad operare individuando percorsi, convergenze, priorità; partecipando così, concretamente, alla crescita di una nuova classe dirigente del Paese.
A questo proposito, concludendo, vogliamo offrire anche la nostra disponibilità a collaborare, se si ritenesse utile e nelle forme che si riterranno opportune, con il Comitato scientifico ed organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani la cui 46a edizione è in programma tra un anno a Reggio Calabria.
Ci sentiamo anche noi, come Forum, partecipi di questo importante appuntamento.