Gli ultimi avvenimenti del 2017 hanno visto il polarizzarsi delle posizioni politiche di “centro” su differenti orientamenti. Una parte abbastanza esigua di coloro che avevano collaborato con i governi a guida PD, ha confermato l’apparentamento con il partito di Renzi, motivandolo con un generico richiamo alla “responsabilità di governare una fase difficile per l’Italia”. Si tratta, però, nella realtà, di una scelta obbligata e di natura prevalentemente personale, per chi appare rassegnato a percorrere la via democrat al potere.
Per altro verso, diverse sigle parlamentari e politiche, alcune legate a realtà territoriali (“Noi con l’Italia”), hanno stretto un accordo con l’UDC che detiene lo storico simbolo della Democrazia Cristiana, per un’alleanza di centro nell’ambito del rassemblement di centrodestra. L’utilizzo dell’emblema democristiano non dovrebbe avere solo una finalità di richiamo elettorale, ma impegnerebbe ad un programma collegato al popolarismo europeo. Tale scelta implicherebbe anche orientamenti significativi poiché, pur richiamandosi ad una posizione centrista, l’insieme degli elementi confluiti con il partito guidato da Cesa - che ha sempre mantenuto un collegamento con il PPE - presentano una certa eterogeneità, con richiami che vanno dal conservatorismo europeo dell’ex F.I. Fitto, al postleghismo di Tosi, dal neo liberalismo di Costa e Zanetti a quello liberal-popolare di Saverio Romano, fino al pragmatismo di Maurizio Lupi, con una contraddittoria permanenza ciellina.
Il partito che maggiormente si ricollega all’esperienza democratico cristiana, non per il solo fatto di detenerne il simbolo, possiede, quindi, una chance politica che non può non far valere, al fine di imprimere un’identità significativa al raggruppamento appena formatosi. E ciò appare indispensabile per evitare, nel duro confronto elettorale che inevitabilmente si aprirà, di apparire come un soggetto frutto di accordo finalizzato al solo raggiungimento della fatidica soglia del 3%. Questa necessità, peraltro, deriva anche da un’ulteriore esigenza: il “centro” è chiamato a fornire un elemento di coagulo ad una coalizione che si presenta con diversità che potrebbero allargarsi fino ad una separazione, di fronte ai problemi di composizione del governo che, con ogni probabilità, si presenteranno dopo il 4 marzo.
Le nuove regole elettorali, infatti, che si caratterizzano per un ampio proporzionalismo, sono calate in un quadro partitico, ed in parte anche politico, nel quale permane la logica leaderista e maggioritaria, mentre il “centro”, per sua natura, dovrebbe conservare quella cultura della mediazione e del dialogo, che risultano indispensabili per una coesione nelle alleanze e/o in condizioni di mancanza di maggioranze autosufficienti.
L’esigenza di una marcata identità del “centro” che si va costituendo, presenta una motivazione ancora più importante: un programma che confermi il riferimento al Partito Popolare Europeo, non solo per una coerente vocazione europeista verso l’unità politica ma per l’opportuna dimostrazione della ricostruzione della presenza di ispirazione cattolica negli obbiettivi di tutela sociale, al fine di contrastare la proletarizzazione di ceti popolari e medi, per la valorizzazione di quei corpi intermedi (famiglia, associazionismo, enti locali) oggi aggrediti dall’individualismo e dai modelli verticistici della disintermediazione, per quegli orientamenti indispensabili in termini valoriali, onde offrire certezze ad un elettorato rassegnato e smarrito, che tende a disertare il voto, qualora non siano in gioco forti motivazioni.
Va, infine, detto, senza infingimenti, che le norme elettorali approvate, che hanno escluso il voto di preferenza, comportano, quantomeno, la doverosa opportunità di dover qualificare la rappresentanza con l’indicazione di candidature che esprimano - in un “centro” che si caratterizzi secondo quanto indicato - autorevolezza e significatività in coerenza con gli obbiettivi programmatici. In sintesi: personalità che posseggano il bagaglio culturale dell’esperienza sociale dei cattolici, sui quali poter richiamare un voto consapevole, in quello che il Presidente del MCL, Carlo Costalli, ha definito un “tempo opportuno”.
Pietro Giubilo