Mai come in questo periodo il dramma delle migrazioni nel Mediterraneo è stato così tragico e grave. Quotidianamente siamo testimoni di tragedie che raccontano drammaticamente l'entità di un fenomeno ormai epocale. Un fenomeno che non sopporta riduzioni ideologiche, né in senso buonista né in senso xenofobo.
Per fare un’analisi approfondita, non superficiale né populista, del periodo difficile che stiamo attraversando si possono individuare quattro punti cardine che noi riteniamo essenziali per un’autentica ed efficace scelta d’accoglienza da parte dell’Unione Europea: con un po’ di sano realismo, con un po’ di coraggio e uscendo dalle solite, inutili, enunciazioni di principio.
Questi punti sono: 1) il dovere primario dell'accoglienza; 2) la solidarietà tra le nazioni europee nell’affrontare il fenomeno epocale delle migrazioni; 3) la riscoperta dell’identità europea; 4) le politiche di aiuto ai Paesi d'origine dei migranti nello sviluppo socio-politico e nel superamento dei conflitti interni. Quattro punti specifici che viaggiano su due binari logici.
Provo ad approfondire singolarmente i punti indicati cominciando dal primo: il dovere primario dell’accoglienza. L’accoglienza è dovuta in quanto “Sui barconi che giungono quotidianamente sulle coste europee ci sono uomini e donne che necessitano di accoglienza e di aiuto”. Per il cristiano è dovuta in forza della sollecitudine verso il prossimo più povero al quale il Signore comanda di dare da bere, da mangiare e da vestire, accoglienza, cura e compagnia (Mt 25,35-36). Ma l’accoglienza è dovuta anche in forza del primato e della centralità della persona umana ed è proprio in questo senso che essa obbliga anche le comunità politiche democratiche che a tale principio, seppur laicamente, si rifanno come è, appunto, nel caso dell’Unione Europea.
Il secondo punto è quello che riguarda la solidarietà tra le nazioni europee nell'affrontare il fenomeno migratorio. Questo punto si cala marcatamente nella storia e si carica di una preoccupazione che, necessariamente, incrocia la dimensione politica. In questo specifico punto si manifesta la consapevolezza che la dimensione epocale delle attuali migrazioni esige una forte solidarietà tra le nazioni europee per essere affrontata e gestita con successo, ed insieme anche la consapevolezza che la solidarietà è una strada obbligata non solo in funzione degli immigrati, pena l’“incentivare soluzioni particolaristiche al problema, che non tengono conto della dignità umana degli immigrati favorendo il lavoro schiavo” ma anche del bene comune degli stessi europei pena l’esplodere di “continue tensioni sociali”. L’Europa ci prova con le quote: è un passo avanti. Ma anche su questo punto c’è tanta strada da fare: abbiamo visto recentemente il “no” di Cameron, ma anche l’atteggiamento di alcune Regioni e Comuni del Nord Italia.
Arriviamo così al terzo punto: la riscoperta dell'identità europea, che è questione politicamente più delicata e, in un certo senso, più dirimente. Su questo punto anche la posizione di Papa Francesco emersa nell’importante discorso al Parlamento europeo di Strasburgo nel novembre scorso è nettissima: il centro del ragionamento è il richiamo forte all’identità culturale europea che va proposta, potremmo forse dire ri-proposta, con chiarezza. Un’affermazione specifica che ribadisce che non è la via della dismissione e della rinuncia alla propria identità che può consentire ai popoli europei di garantire l’accoglienza ai migranti nella tutela dei diritti dei cittadini europei. L’Europa ripiegata sull'economia che uccide - dice il Santo Padre - l’Europa della tecnocrazia, dei mercati, dell’individualismo e del relativismo non ha spalle, né respiro per gestire l'accoglienza e l’integrazione. Per farlo l’Europa deve riscoprire le proprie radici, innanzitutto cristiane, e la consapevolezza della propria tradizione e della propria storia.
Il quarto ed ultimo punto riguarda l’adozione di politiche di aiuto ai Paesi d’origine dei migranti, invece di politiche di interesse che aumentano e alimentano i conflitti. Anche qui si tratta di una scelta coraggiosa, strategica e affatto scontata. Una scelta che si richiama alla profetica Popolorum Progressio di Papa Montini laddove afferma che “la questione sociale ha acquistato dimensione mondiale”, ed è “urgente” una risposta dacché “i popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza”. Un ragionamento forte, politicamente impegnativo e innovativo che richiama l’Europa al suo dovere di darsi una vera politica estera, comune, autonoma e finalizzata alla pace e allo sviluppo dei popoli. Perché l’autentica vocazione all’accoglienza non può non misurarsi con la necessità di “agire sulle cause e non sugli effetti”.
E sulla politica estera dell’Unione Europea (o sulla “non politica estera”) potremmo parlare tantissimo: dall’Ucraina al Medio Oriente, all’Africa. Ma qui si apre una pagina “tutta politica”, ancora da scrivere: ma va scritta, anche se piano piano, perché cozza con gli interessi e con la politica estera di alcune ex grandi potenze. Ma senza una vera politica estera comune non potrà esserci una vera Europa unita.
Assistenza sì, subito, tanta, ma dobbiamo anche guardare lontano: al domani. Rimane l’impegno, encomiabile, di tante organizzazioni non governative, di volontariato (come il MCL e tantissime altre per fortuna), non solo in Italia: dai Balcani al Medio Oriente, all’Africa. Ma questa è un’altra storia, anche se una bella storia. Un impegno, però, che non sia solo “assistenziale” ma che abbia anche una “valenza politica” rispetto ai punti prima citati.
Carlo Costalli