La laicità è certamente una categoria culturale che feconda o condiziona la politica, ma è anche una domanda costante posta alla coscienza credente. Un esercizio virtuoso della laicità positiva è stato vissuto a Senigallia nel corso del seminario nazionale di studi e formazione del Movimento cristiano lavoratori. Un appuntamento dedicato a un tema di scottante attualità sociale e politica: “I corpi intermedi e la sfida al populismo e alla tecnocrazia”.
Perché questo appuntamento può essere letto come un tassello di un percorso di laicità positiva, cioè attento a non costruire muri, ma a lanciare ponti? Innanzitutto per la postura generale che Mcl da anni coltiva con rigore: autonomia, libertà e fedeltà alle radici cristiane. Una condizione associativa fortemente rivendicata dal presidente nazionale Carlo Costalli, e profondamente condivisa sia dai quadri dirigenti del movimento presenti in tutto il territorio nazionale sia dalla base nella quale emergono volti nuovi e giovani.
Il filo della laicità positiva ha, dunque, intessuto lo svolgimento dei lavori. Non solo nelle parole dei relatori, quanto nelle voci che si sono alternate per portare un contributo al discernimento comunitario. Perché il ruolo dei corpi intermedi sta a cuore a un movimento che stima il popolo e la sua tradizione, la società e le sue articolazioni, le istituzioni con i suoi rappresentanti. Ma sa anche di dover meritare la rappresentanza sociale attraverso una pratica democratica interna che non può scegliere scorciatoie e dunque affronta il rischio del confronto e del dialogo. Ben consapevole che gli avversari agguerriti, non i nemici, sono le nuove spinte populiste e tecnocratiche presenti nel corpo della nostra società: pulsioni spesso irrazionali e/o dirigiste, coltivate da una miscela perversa di rancori e paure che spingono moltitudini di italiani a sentirsi sempre meno cittadini portatori di diritti e di doveri e sempre più anelli di una catena di risentimenti. Quindi disponibili a seguire le sirene che promettono una resa dei conti o un paradiso in terra governato dagli algoritmi.
Perciò non stupiscono le parole affilate che Costalli riserva a chi alimenta la rabbia sociale “male del secolo”, mentre chiede ai cattolici di spendersi per quel “blocco sociale senza rappresentanza” che attende solo di trovare chi ne dia una solida, onesta e competente interpretazione. Ma allo stesso tempo afferma l’urgenza di una “nuova piattaforma politica: liberale, popolare e riformista”, in grado di far incontrare domanda e offerta politica. Ecco un concreto esercizio della laicità positiva: l’assunzione di responsabilità in un frangente difficile della storia nazionale, in cui la voce dei cattolici risuona sempre più timida.
Ma la laicità positiva è anche quella manifestata dall’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, sul cui capo Papa Francesco poserà la berretta cardinalizia nel concistoro del 5 ottobre. Innanzitutto quando ha affermato che la Chiesa ha bisogno di ascoltare il laicato, una prassi sempre più desueta e che, come è stato osservato, è una delle cause del clericalismo più volte denunciato da Bergoglio. Ma la laicità positiva con Zuppi è divenuta proposta nel momento in cui ha offerto una prospettiva stringente: recuperare i ritardi accumulati dalla Chiesa italiana rispetto al convegno ecclesiale di Firenze (novembre 2015) e cioè rendere visibile “il nostro umanesimo che è Gesù” quale migliore “antidoto al populismo”. Non un progetto politico, ma una traccia sicura dalla quale trarre ispirazione anche per l’azione politica dei cattolici. Che, lungi dal brandire l’identità cristiana come un’arma nei confronti delle altre famiglie culturali, sanno bene, come ben dimostra Mcl, che una strada per l’impegno è possibile. Quello civico, certamente, da esercitare non solo negli enti locali. Forti, infatti, della capacità di rappresentanza dei corpi intermedi, è possibile promuovere un civismo nazionale, in grado di superare collateralismi e trasformismi. E di sbarrare la strada al populismo e alla tecnocrazia. Ecco un orizzonte che si è aperto a Senigallia. Senza paura e soprattutto senza piangersi addosso.
Domenico Delle Foglie