Un nuovo Piano Marshall per l’Italia delle famiglie
La famiglia è fonte di bellezza e cellula fondamentale di ogni comunità. Oggi, forse, una delle poche realtà sociali capaci davvero di generare e alimentare il senso di una coscienza collettiva.
Certo, non parliamo di una realtà perfetta, ma oggi c’è estremo bisogno di una sensibilità condivisa: la famiglia, negli ultimi 20-30 anni, è stata dimenticata, messa da parte, emarginata, sottovalutata. Non si è pensato a essa come a un moltiplicatore di bellezza e di futuro per il Paese. Non si sono identificati i figli come un bene comune utile, necessario e imprescindibile per garantire un domani allo Stato.
Tutto questo, nella recente emergenza coronavirus, è stato amplificato. Sono essenzialmente tre i sentimenti prevalenti che le famiglie italiane hanno vissuto nelle settimane di isolamento forzato a casa: smarrimento, preoccupazione e rabbia. Lo smarrimento per l’improvvisa novità di scuole e asili chiusi, per il vincolo del ‘lavoro agile’ tra le mura domestiche e per lo sconvolgimento repentino delle modalità con cui affrontare certe relazioni sociali e una routine di vita quotidiana che si credevano inscalfibili; la preoccupazione di milioni di nuclei familiari per il rischio di contagiare se stessi o i propri cari e, dunque, il dover vivere persino il gesto solitamente distratto dell’uscire a fare la spesa con fatica, timore, paura; la rabbia di tanti genitori che, da un giorno all’altro, hanno perso tutte o quasi le fonti di reddito con cui sostentare e mantenere se stessi e i propri figli e che non sanno se, quando e per quanto tempo potrà esserci un sostegno dello Stato rispetto a questa condizione, né se essa diventerà definitiva al termine dell’emergenza.
Come sempre, anche in questo caso, l’unico efficace ammortizzatore sociale del Paese – la famiglia – si è ritrovato solo, a doversi rimboccare le maniche per provare a reggere l’urto dell’ennesima, ma in questo caso spaventosa, onda di tsunami che ci sta sommergendo. Le famiglie, lo sappiamo bene, non possono scioperare, né abbandonare il ponte della nave, anche se tutto intorno rema contro di loro. Ciò che possono fare – e hanno effettivamente fatto – per provare a richiamare l’attenzione di istituzioni, politica, economia e della società tutta è raccontare e raccontarsi, attraverso i media e i social, nelle loro situazioni e difficoltà, come pure nelle risorse che sono riuscite a mettere in campo per tentare di superare gli ostacoli imprevisti. Nell’attesa di un intervento concreto, serio e importante dei governanti per trasformare le incertezze, le preoccupazioni e la rabbia in certezze, consolazioni e speranze realistiche.
Di fronte alla tentazione – molto grande in questo tempo – di cadere nel tranello dell’indignazione o della rassegnazione, la maggior parte delle famiglie ha però saputo sperare contro ogni speranza, sapendo andare oltre e rimboccandosi le maniche, imparando all’istante a vivere questo periodo così com’era e a trarne, anzi, il meglio per crescere. I dati ci dicono che le famiglie hanno approfittato di questi mesi per cementarsi e rafforzarsi, per stringersi insieme e alimentare un amore sempre più forte.
Anche perché un momento di ‘crisi’, di converso, può essere un’opportunità per fermarsi e riflettere su se stessi, sulle proprie carenze relazionali, sui difetti nell’impiego del proprio tempo, sui limiti nell’organizzazione tra le mura domestiche e nei rapporti con i propri familiari. A livello politico, ormai, siamo rimasti gli unici a non aver compreso che per far crescere il Pil e far ripartire i consumi serve mettere nelle tasche delle famiglie con figli soldi reali e non bonus inutili. Non si tratta di fare l’elemosina ma di un investimento. Senza considerare che la denatalità galoppante ci porterà a dover cambiare a breve i nostri stili di vita. Fino a quando il 60% della spesa sociale sarà dedicata alle pensioni e solo il 6% alle famiglie e ai figli non andremo da nessuna parte. Saremo percepiti anche in Europa come un costo, un peso. Altro che pandemia. Ci aspetta di peggio. Molto di peggio. Ma in questo caso ce lo stiamo cucinando con le nostre stesse mani. E non potremo prendercela con il Covid o con il capro espiatorio di turno. Serve politica. Quella seria, quella che riesce ad andare oltre. Quella che non gestisce solo le emergenze, ma sa seminare futuro.
In attesa della concretizzazione del family act, siamo convinti che il Recovery Fund debba puntare sulle politiche per i figli e la natalità. Il tema del presente e del futuro demografico del nostro Paese, della tenuta delle famiglie, degli investimenti a favore delle nuove generazioni non può continuamente essere messo in secondo piano nel dibattito pubblico italiano. L'Europa ci offre una grande opportunità, con il piano denominato ‘Next Gen Eu’, che invita a investire risorse a favore delle generazioni chiamate a costruire l'Italia e l'Europa del futuro. È la grande occasione per cambiare il nostro destino, per superare la logica degli interessi particolari che negli anni ha privilegiato ogni volta singoli settori o categorie, inseguendo logiche condizionate dal consenso, e che è all'origine di quella frattura intergenerazionale che ha compresso le possibilità di sviluppo del Paese e la costruzione di un sistema di welfare avanzato e aderente ai reali bisogni delle famiglie.
Le somme del Recovery Fund devono essere investite anche in un nuovo Piano Marshall per i figli, la natalità, i genitori. Non ci sarà un altro momento propizio per riscrivere il nostro destino, quello delle nostre famiglie, della nostra economia, della nostra società. L'Europa in questo momento sta indicando la strada, offrendo ai Paesi l'occasione di avviare un percorso di ripresa e di sviluppo con uno sguardo orientato al futuro e ispirato al valore della solidarietà tra gli Stati. L'invito è ad immaginare un'Italia che contribuisca a edificare un'Europa più giusta perché capace di fare proprie le istanze dei giovani, dell'ambiente, dell'innovazione sociale, dell'accoglienza. Sarebbe un peccato non cogliere lo spunto, rimanendo con lo sguardo ripiegato sul presente che ha caratterizzato il dibattito e le scelte politiche italiane degli ultimi decenni. Chi ha in mano le redini delle decisioni non deve perdere quest’occasione o si assumerà la responsabilità di essere il curatore fallimentare del Paese più bello del mondo.
Gigi De Palo