Nella grande incertezza che il voto di domenica ha determinato sotto il profilo della prospettiva di governo, emerge innanzitutto l’evidenza del vasto disorientamento della società italiana. Infatti, la fine del PD di Renzi, l’affermazione dei 5 Stelle e la vittoria di un centrodestra a trazione leghista sono la rappresentazione di una condizione del Paese che il governo in carica, l’”opinione” di gran parte dei media e delle stesse élite si erano illusi di poter ignorare.
La lunga crisi dalla quale l’Italia non è sostanzialmente uscita, l’impoverimento dei ceti medi e soprattutto di quello produttivo, la destrutturazione di una società ormai segnata da un individualismo privo di radici e di futuro per i giovani, l’abbandono del Sud la cui sofferenza non era risultata degna della giusta considerazione, tranne che per i ripetuti appelli del MCL per voce del suo Presidente Costalli, hanno prodotto un risultato che va innanzitutto compreso nelle sue cause più profonde.
L’Italia agli occhi dei suoi cittadini è un Paese legato, non in grado di affrontare la percezione di un lento declino, inascoltata dall’Europa e spinta su una verticalizzazione del potere istituzionale e sociale che impoverisce la grande risorsa dei territori e dei corpi intermedi che sono stati sempre la sua ricchezza sociale e civile.
La obbiettiva constatazione che le nuove generazioni, per la prima volta nella storia del Paese, si andavano incamminando su una condizione economica e sociale nettamente inferiore rispetto a quella dei padri e la scintilla di una assolutamente inadeguata gestione del fenomeno immigratorio che andava a peggiorare la già grave condizione delle periferie delle grandi città, sono stati gli elementi decisivi per un risultato elettorale che evidenzia il successo di M5 Stelle e Lega.
In particolare un dato risulta assai significativo e portatore di effetti politici: il superamento della Lega rispetto a Forza Italia, in un centrodestra che nel suo complesso ha ottenuto un risultato importante. Non si è compreso, pressoché da parte di tutti, che la questione immigrati richiedeva il massimo dell’equilibrio tra doverosa accoglienza, capacità di integrazione e sicurezza. Sul sostegno acritico all’immigrazione irregolare, operato con sensibilità pastorale dalla stessa Chiesa cattolica, si è innestata una esigenza di sicurezza e di tutela del lavoro, che ha fatto da detonatore, limitando il voto “moderato”, sia verso destra che a sinistra che al centro. A quest’ultimo proposito, nonostante la qualificata presenza di personalità portatrici della cultura e delle istanze cattoliche, si è riscontrata, ad eccezione di qualche organizzazione sociale, un neutralismo inspiegabile in contraddizione rispetto alla necessità dell’auspicato rinnovato impegno politico dei cattolici, favorendo, di fatto, la polarizzazione sul voto di contestazione.
Un voto che nel caso dei “grillini” comporta l’adesione alle istanze più laiciste in capo etico e valoriale.
L’esito elettorale, dunque, apre questioni a tutto campo sulle quali si dovrà ritornare in tempi brevi per un doveroso approfondimento.
Pietro Giubilo