Era il 2020. E’ coinciso con l’inizio della quaresima il primo lockdown, essenziale per arginare il diffondersi della pandemia da Coronavirus. In questi giorni, a distanza di un anno, la Chiesa, con l’inizio di questa quaresima, ci invita a prepararci con cuore nuovo alla Pasqua, all’incontro con il Risorto. L’esperienza ardua, tormentata e dolorosa che stiamo sperimentando sembra che rimarchi, evidenziandolo, l’invito alla conversione intrinseco in questo tempo liturgico, quasi che questo appello non si fosse mai interrotto, ma si fosse sovrapposto al tempo pandemico. Se poi si considera la restrizione della partecipazione in presenza dei fedeli, si può affermare che sono oramai quasi due anni che “non facciamo la Pasqua”. E così, ora, ci auguriamo che l’’inizio di questa quaresima possa rappresentare l’ultima tappa di un esodo di conversione che ha portato, nel presente, l’umanità ad attraversare il deserto della sofferenza, del lutto, dell’indifferenza, nell’incertezza con una speranza debole, dai tratti fragili.
E’ bene, dunque, incamminarsi custodendo, conservandola, la speranza e orientandoci con fede verso il Mistero della morte e resurrezione di Gesù, cuore dell’esperienza cristiana personale e comunitaria. Riscopriamo, così, nella fatica la gioia del cristiano, gioia che scaturisce dal riaccogliere nell’attualità dell’oggi l’annuncio evangelico. E riconfermiamo la nostra professione di credenti, noi che nell’esperienza quotidiana stiamo verificando un certo diffuso inganno che riterrebbe la vita originata da noi e determinata dalle nostre decisioni, omettendo e volutamente ignorando che in realtà essa nasce solo dall’amore di Dio Padre, dalla Sua volontà di dare la vita in abbondanza, dall’incontro con Lui e tra di noi. Papa Francesco scrive: “Dio non ci chiede nulla che prima non ci abbia donato. Lui non è indifferente a noi. Ognuno di noi gli sta a cuore, ci conosce per nome, ci cura e ci cerca quando lo lasciamo. Ciascuno di noi gli interessa; il suo amore gli impedisce di essere indifferente a quello che ci accade”. Camminare verso la Pasqua è, allora, vincere l’indifferenza, vivere d’incontri e aprirci al dono della conversione.
La Pasqua sia personalmente, come per tutto il Movimento Cristiano Lavoratori, esperienza di accoglienza nell’incontro con il Mistero che è Dio con l’uomo, che prende origine dalla parola rivolta da Gesù ai primi discepoli “Venite e vedrete” (Gv. 1, 39). L’incontro con il Risorto non sarà solo un’esperienza del futuro, di un giorno che verrà con la Pasqua, ma è un evento che si verifica già oggi, nel quotidiano. Paradossalmente, mai come in questa esperienza di pandemia, con tutto ciò che essa comporta in termini di criticità, possiamo essere protagonisti di relazioni, sentire pronunciato da Gesù il nostro nome, come quello di ciascuno; il “Tu” quale esperienza che sta al sorgere di ogni incontro nel “Noi”: l’esserci con la nostra identità, le nostre differenze e i nostri limiti, insieme. Tuttavia non basta un incontro per vivere insieme, ciò avverrà solo a condizione di accettare liberamente che l’incontro “accada di nuovo”. Ecco la sfida: superare l’indifferenza con l’incontro, per giungere così a relazioni solidali, all’amicizia, personale e sociale, che si manifesterà poi solo a condizione che questo venga in seguito testimoniato. Un’esperienza significativa, infatti, non può né deve essere taciuta: “Abbiamo incontrato il Messia” (Gv. 1, 41). La vita è l’arte dell’incontro: lo vuole Dio che da sempre vive d’incontro con il suo popolo. Anche in questo tempo di pandemia Dio ci incontra, ci conosce per nome. Ci chiede di vivere di incontri con gli altri e di farlo non nel vuoto asettico, ma piuttosto nella quotidianità, dentro l’esodo che stiamo vivendo, testimoniando che Lui cammina con noi, e che noi siamo il suo Popolo.
don Francesco Poli
Assistente Ecclesiastico Nazionale MCL