Premessa Con l’iniziativa oggetto del presente documento i firmatari intendono rispondere agli appelli fatti dal Papa Benedetto XVI affinché i cattolici impegnati nelle istituzioni e nel sociale si facciano classe dirigente attiva, propositiva, visibile nell’affrontare la grave crisi economica che investe la nostra società.
Vogliamo in particolare riflettere sul ruolo che devono svolgere le Associazioni rappresentative di persone e interessi che, ispirandosi alla Dottrina sociale della Chiesa, possono svolgere da protagoniste per promuovere riforme e cambiamenti rispettosi della dignità dell’uomo e imperniati sulla giustizia sociale.
Una riflessione che coincide con l’emergere di problematiche nello sviluppo economico internazionale che mettono in crisi l’assunto che la globalizzazione dell’economia, e l’espansione del libero mercato, siano essi stessi in grado di offrire opportunità di sviluppo e di inclusione economico sociale per miliardi di persone. Mentre nel contempo i riflessi della pesante crisi finanziaria si stanno trasmettendo rapidamente sull’economia reale mettendo in pericolo milioni di posti di lavoro.
Una crisi che renderà esponenziali le contraddizioni già emerse negli anni recenti: nei diversi tassi di crescita economica tra le nazioni e per le differenze nella redistribuzione del reddito tra i diversi ceti sociali all’interno delle stesse. Con prospettive drammatiche per i paesi più poveri e per i ceti più deboli.
Si manifesta una domanda di profondi cambiamenti nelle politiche economiche, nei rapporti tra stato e mercato, nella cooperazione tra stati nazionali, sulle esigenze di ridare slancio allo sviluppo delle imprese e ai fabbisogni di coesione sociale.
In particolare diventa una priorità per le istituzioni e le forze politiche e sociali, mobilitare le forze e risorse disponibili per salvaguardare lo straordinario patrimonio produttivo e occupazionale che rischia di essere depauperato da una grave recessione economica.
E’ dovere dei cristiani impegnati nel mondo del lavoro, interrogarsi sui percorsi da intraprendere affinché le straordinarie opportunità rappresentate dalla disponibilità di conoscenze, tecnologia, e di risorse finanziarie possano essere utilizzate per rendere equo e sostenibile lo sviluppo economico. Consapevoli che, nella continuità dei valori che ci ispirano, questa riflessione può e deve portare a profondi cambiamenti delle forme e dei contenuti delle politiche del lavoro che hanno caratterizzato il progresso economico sociale negli scorsi decenni e nelle forme e nei contenuti della cooperazione internazionale.
I limiti dello sviluppo – Il ruolo della politica – Le rappresentanze sociali
Nella drammaticità della crisi finanziaria e produttiva si sta affermando una nuova consapevolezza diffusa riguardo a limiti della crescita economica fondata essenzialmente sulla progressiva liberalizzazione degli scambi commerciali.
Limiti sull’uso delle risorse ambientali, l’esigenza di contrastare i fenomeni di esclusione sociale delle comunità e dei ceti sociali che non hanno l’opportunità di partecipare alle occasioni offerte dalla crescita economica internazionale. Limiti che rendono evidente l’insufficienza attribuita ai valori legati alla centralità delle persone nei processi economici. Emerge dalla crisi delle istituzioni finanziarie un fabbisogno di recupero di regole solide ed in grado di ripristinare fiducia nel rapporto tra persone, organizzazioni produttive, istituzioni. Dovute soprattutto all’inaccettabile privilegio dei mezzi, in particolare quelli finanziari, rispetto ai fini e cioè il benessere reale delle persone.
Regole che non possono essere altro che la proiezione di valori legati al rispetto delle persone in quanto lavoratori, consumatori, contribuenti e risparmiatori.
La globalizzazione dell’economia ha consentito l’accesso di centinaia di milioni di persone al lavoro retribuito, fuoriuscendo dalle condizioni di sussistenza, ma siamo ancora molto lontani dall’affermazione dei diritti politici e sociali sanciti dall’ONU.
La soluzione non può essere ricercata nel ritorno verso politiche economiche protezioniste, che aggraverebbero i problemi delle popolazioni più deboli, bensì rafforzando la cooperazione internazionale anche al fine di riorientare i modelli di sviluppo per renderli più inclusivi e più equi nel generare lavoro e reddito per le persone, e più sostenibili in campo alimentare, energetico e ambientale.
La gravità della crisi sta anche generando novità positive nel rapporto tra stati e aree internazionali. Questa strada va rafforzata soprattutto con la cooperazione delle politiche economiche, per rafforzare processi democratici e giustizia sociale anche mettendo a disposizione esperienze e conoscenza, ed esperienze organizzative dei paesi sviluppati a favore dei paesi in via di sviluppo.
Uno sforzo che deve coinvolgere anche il patrimonio rappresentato dalle organizzazioni sociali della rappresentanza del lavoro e del volontariato.
Compito della politica è soprattutto quello di favorire l’accesso alla opportunità di risorse, tecnologie e conoscenze, consapevoli che la straordinaria mobilità di questi fattori può generare anche rischi per le persone e la collettività in termini di stabilità del lavoro e del reddito.
Rischi che possono essere contenuti con adeguate protezioni sociali e, con politiche attive del lavoro che stimolino l’inclusione delle persone nel mercato del lavoro e rafforzando le opportunità formative sull’intero corso della vita. Ma l’azione delle Istituzioni deve essere particolarmente rivolta a valorizzare il ruolo delle persone, dei nuclei familiari e la sussidiarietà tra azione pubblica e corpi intermedi, e tra Stato e comunità locali come processi più idonei a governare la complessità crescente, promuovere la partecipazione e favorire la coesione sociale.
Semmai è necessario prendere consapevolezza della nuova e complessa dimensione degli interessi e dei bisogni che la politica è chiamata a ricondurre a sintesi possibili in nome del bene comune.
Alla tradizionale necessità di conciliare gli interessi tra capitale e lavoro, si aggiunge l’esigenza di trovare giusti equilibri tra le tutele di chi lavora e di chi è escluso dal mercato del lavoro, tra le esigenze della produzione con quelle dell’ambiente, tra diritti dei lavoratori ed il rispetto dei cittadini utenti dei servizi, tra generazioni anziane e giovani.
Questa complessità interroga il rapporto tra rappresentanza sociale e istituzioni. Rapporto che non può essere ricondotto alla sommatoria delle diverse rivendicazioni o di diritti priva della contemperazione degli interessi della compatibilità nell’uso delle risorse. La società dei diritti, che è sullo sfondo delle nuove forme ideologiche dell’antagonismo sociale, è inevitabilmente una società dove i settori forti e organizzati finiscono per prevalere su quelli che non hanno rappresentanza.
E dove le istituzioni rinunciano al loro ruolo di favorire la sintesi degli interessi in nome del bene comune.
Obiettivo che invece può essere raggiunto attraverso l’esercizio diffuso della responsabilità sociale dove diritti e doveri, difesa dei legittimi interessi ed esigenze della collettività sono esplicitati ed affrontati nel loro insieme. Il reciproco riconoscimento del ruolo delle rappresentanze sociali è condizione fondamentale affinché questo avvenga.
La centralità della persona motore di innovazione, sviluppo e giustizia sociale Diffondere la responsabilità sociale nelle imprese, nella Pubblica Amministrazione, nell’esercizio della professione mette in rilievo la centralità delle persone sia nella dimensione della valorizzazione delle risorse umane negli ambiti produttivi che dell’attenzione ai bisogni dei cittadini, siano essi consumatori, utenti dei servizi, risparmiatori o contribuenti.
Questi fattori sono i veri motori della innovazione. Per tradurre le innovazioni tecnologiche in organizzazioni produttive e per migliorare le condizioni di vita e di reddito delle persone e delle comunità.
Competizione, mercato, società aperte sono condizioni importanti per stimolare e mobilitare le risorse in modo efficiente, ma sono i valori a fare la vera differenza. Siano essi rivolti a dare riconoscimento e stimolare i talenti delle persone, a garantire il rispetto delle regole e della trasparenza dei comportamenti, per rispettare le persone nella veste di lavoratori o utenti, per dare il contributo solidale alle persone ed ai nuclei familiari, alle comunità in condizioni di difficoltà. Questi valori e comportamenti costituiscono quel capitale sociale che sta facendo la differenza tra le comunità aperte, innovative e solidali, e che realizzano la miglior combinazione tra crescita economica e coesione sociale, e quelle in cui prevale sfiducia, corporativismo sociale, difesa dei privilegi ed illegalità. E’ compito dell’Associazionismo che si ispira alla Dottrina sociale della Chiesa promuovere la diffusione di questi valori sia nella dimensione della cooperazione internazionale che nelle iniziative sul territorio nazionale e locale. Valori che devono caratterizzare i comportamenti concreti dei dirigenti, dei militanti e degli associati nell’agire collettivo e individuale.
Per un futuro migliore della nostra Comunità nazionale Nella nostra comunità nazionale prevale un senso di sfiducia sulle proprie capacità di affrontare positivamente il futuro che si riflette anche negativamente nel rapporto tra cittadini e Istituzioni.
Molti dei problemi economici e sociali, che hanno radici profonde nel tempo, come la criminalità organizzata nel territorio, i ritardi nel Mezzogiorno, l’improduttività della Pubblica Amministrazione, gli squilibri della spesa sociale, sono ampliati nei loro effetti dalle sfide derivanti dalla competizione internazionale. Nel frattempo aumentano in modo preoccupante i rischi di impoverimento di persone e famiglie verso le quali non vengono mobilitate risorse adeguate.
Questi ritardi comprimono le capacità competitive del Paese, la quantità e la qualità dello sviluppo economico, ne amplificano i loro effetti in termini di distribuzione del reddito e di indebolimento della coesione sociale. Sino a dubitare che sia possibile affrontarli attraverso una rinnovata vitalità della nostra Comunità nazionale e delle forme di rappresentanze politiche e sociali.
Noi crediamo che sul modo di affrontare criticità storiche e quelle emergenti sia possibile ricostruire il senso comune delle iniziative delle Istituzioni e delle rappresentanze sociali. Abbiamo il dovere di affrontare la crisi economica e sociale come occasione per rendere migliore il rapporto tra stato e cittadini modernizzando il nostro stato sociale evitando i rischi, che si rafforzando in alternativa la visione assistenzialistica dello stato che renderebbe più ingiuste ed inique le politiche sociali.
Noi crediamo che le politiche di sostegno alla famiglia possano essere nel contempo un obiettivo di modernizzazione delle politiche del Welfare e una straordinaria possibilità di contrastare la crisi economica garantendo la sostenibilità della domanda interna di prodotti e servizi delle famiglie che è ancora sottodimensionata rispetto agli altri Paesi europei. Soprattutto per gli interventi verso la non autosufficienza, per la conciliazione tra lavoro e famiglia per l’acquisto di servizi verso le persone.
I rischi della perdita del lavoro possono essere contrastati con una riforma dei sostegni al reddito che garantisca una adeguata protezione temporale a tutti lavoratori indipendentemente dai settori e dalla dimensione di impresa.
Sono urgenti interventi strutturali per ridurre la disoccupazione di lunga durata, migliorare l’occupabilità e l’occupazione dei giovani diplomati e laureati, per adottare modelli europei di Welfare to Work per tutti coloro che perdono il lavoro contemperando buoni sostegni al reddito con servizi, formazioni e incentivi finalizzati al reinserimento al lavoro con una partecipazione attiva e responsabile degli interessati.
Nel Mezzogiorno ci sono giovani istruiti che possono dare un contributo straordinario alla riqualificazione delle nostre risorse umane nel mercato del lavoro. Contrastare la criminalità nel territorio è l’occasione per ripristinare il primato della legalità sulla sopraffazione.
Dalle riforme della Pubblica Amministrazione devono provenire i risparmi e la capacità decisionale per sostenere lo sviluppo.
Sottolineiamo in particolare l’esigenza di ripensare profondamente le nostre politiche dell’immigrazione. Il disordine dei flussi migratori, l’illegalità crescente, il lavoro sommerso, le carenze dei servizi di supporto sono le amplificazioni di problemi storici della nostra Italia e che rischiano di essere aggravati con la crisi economica. Problemi che interrogano la cattiva coscienza di una comunità che continua a richiedere manodopera per il lavoro che gli italiani non vogliono fare, ma che non si dispone adeguatamente ad accogliere queste persone. Riteniamo che le buone politiche del lavoro debbano valorizzare il merito, la trasparenza ed il rispetto delle regole, la produttività, la partecipazione dei lavoratori ai risultati delle imprese.
Problemi che devono essere affrontati con un rinnovamento delle istituzioni, anche valorizzandone la proiezione territoriale nell’ambito di un Federalismo solidale, ma anche valorizzando il ruolo dei corpi intermedi e dell’associazionismo.
Il dibattito politico sulle riforme del Welfare continua a sottovalutare l’enorme potenzialità rappresentata dai milioni di cittadini che si associano, o più semplicemente offrono volontariamente risorse e tempo per la comunità, senza che le istituzioni sappiano dare peso e valore a questi elementi distintivi degli italiani anche nell’ambito delle iniziative nelle sedi nazionali ed internazionali.
Per un rinnovato ruolo delle Associazioni e dei militanti di ispirazione cattolica Le Associazioni di ispirazione cattolica sono state protagoniste fondamentali per lo sviluppo del nostro Paese e per l’emancipazione dei lavoratori. Si deve a questo protagonismo l’affermazione dei principi di autonomia dell’azione sociale rispetto alla sfera politica e istituzionale, del ruolo della sussidiarietà, del reciproco riconoscimento tra le rappresentanze imprenditoriali, dei lavoratori o dei soci cooperatori, del valore della mediazione tra interessi di parte e quelli più generali.
Questi valori sono oggi patrimonio comune della collettività italiana e delle rappresentanze sociali grazie anche al difficile lavoro rivolto a creare ambiti di condivisione e unità di azione con le rappresentanze che hanno avuto origine nella sinistra politica del dopoguerra.
Nell’ambito di questo associazionismo si è formata una parte importante della classe dirigente italiana che ha potuto svolgere ruoli importanti nelle istituzioni pubbliche.
Il collegamento tra azione sociale, formazione della classe dirigente e istituzioni, si è evoluto nel tempo affermando sempre di più gli spazi delle reciproche autonomie.
Ma sopravvivono nel contesto italiano retaggi ideologici e corporativi che concorrono ad impedire innovazione e coesione sociale, riforme del Welfare incisive ed efficaci politiche del lavoro. E che emergono in modo preoccupante anche nell’attuale crisi economica.
Retaggi che sono alla radice dell’impoverimento del ruolo della concertazione sociale e delle degenerazioni partitiche.
Un nuovo protagonismo delle Associazioni e dei militanti che si ispirano alla dottrina sociale della Chiesa è più che mai necessario per concorrere a rivitalizzare la qualità dell’azione sociale e della politica ed a ricostruire il “sistema dei valori” sui quali innestare una nuova fase di sviluppo della nostra Italia. Cogliendo in questo senso l’appello fatto dal Pontefice Benedetto XVI ai cattolici impegnati perché contribuiscano in modo trasparente alla formazione della classe dirigente italiana.
Riteniamo consolidati e non discutibili i principi di autonomia della politica e la dimensione dell’unità di azione con organizzazioni di origine diversa sul terreno della promozione degli interessi comuni che già caratterizza molta parte dell’Associazionismo. Tuttavia riteniamo altrettanto necessario che vadano trovate sedi e percorsi per affermare i valori in cui crediamo, confrontandoci con i Pastori della Chiesa, di riflessione comune per aggiornare l’analisi e la progettazione sociale, per favorire occasioni di formazione e aggiornamento della classe dirigente, per confrontarsi con chi è impegnato nella politica e nelle istituzioni su programmi e progetti che rafforzino l’agire comune.
Con questi obiettivi le Associazioni che aderiscono a questo documento daranno vita ad un “Forum dell’Associazionismo di ispirazione cattolica”, come forma di coordinamento delle iniziative comuni aperte al contributo delle analoghe iniziative già promosse in altri campi dell’Associazionismo cattolico.