È stato molto significativo il messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del cinquantesimo anniversario delle prime elezioni regionali che, dopo aver riconosciuto l’importanza delle autonomie e del principio di sussidiarietà (anche a livello europeo), conclude affermando: “le Regioni e le autonomie degli enti locali accresceranno le opportunità del Paese, anche in questa stagione di ripartenza, se sapranno contribuire a garantire e rendere effettivo il carattere universale dei diritti sociali e di cittadinanza del popolo italiano, al cui servizio tutte le istituzioni democratiche sono poste. Siamo chiamati a una prova impegnativa: l’Italia ha le carte in regola per superare la sfida. Non vincerà da solo un territorio contro un altro, non prevarrà una istituzione a scapito di un’altra, ma solo la Repubblica, nella sua unità. Decisiva sarà la capacità di tenere insieme pluralità e vincolo unitari”. Queste dichiarazioni vanno lette con quelle rilasciate durante la festa della Repubblica lo scorso 2 giugno, quando da Codogno - luogo simbolo della tragedia che ci ha colpiti - ha fatto appello alla “forza morale” che tiene unito il nostro Paese, perché “tutti siamo chiamati a lavorare per il nostro Paese, facendo appieno il nostro dovere, ognuno per la sua parte”. Queste parole fanno trasparire la giusta preoccupazione che oltre alla crisi sanitaria e a quella economica, il nostro Paese si ritrovi a dover affrontare una vera e propria crisi sociale.
Una crisi che potrebbe essere aggravata dall'acuirsi delle frizioni tra Settentrione e Mezzogiorno. Alle “storiche” ragioni rischiano di aggiungersi i risentimenti e i rancori generati in questi mesi di quarantena ed esasperati da un certo dibattito politico e dal tambureggiare dei social network. Uno spettacolo patetico e irrispettoso della tragedia che si stava, e si sta, consumando nel nostro Paese e che ha falcidiato e reso spettrali alcuni dei nostri territori. Se questo spettacolo continuasse sarebbe alto il pericolo di una disgregazione che renderebbe irreversibile il declino dell'Italia. Però, se da un lato queste polemiche sono strumentali e vanno condannate, dall'altro bisogna rendersi conto che il nostro Paese è stato segnato in modo diverso da questa tragedia. La pandemia ha tracciato una sorta di linea di faglia del dolore, una nuova linea che divide il nostro Paese tra chi ha visto intere comunità decimate dal virus, chi è rimasto sveglio dal suono incessante delle ambulanze, chi ha viva negli occhi la processione delle bare portate via per essere cremate altrove. Si tratta di esperienze che stanno lasciando il segno nella tensione che si percepisce nelle strade, molte delle quali ancora vuote nella stessa Milano, o negli eccessi delle follie di alcune movide milanesi o bresciane che, se non ci si sofferma al moralistico giudizio benpensante, rivelano il desiderio irrefrenabile di tornare a vivere.
La ripartenza dell'Italia dipenderà da come sapremo impedire che questo dolore venga strumentalizzato a da come sapremo valorizzare le tante esperienze positive che hanno arricchito il nostro Paese in questi ultimi mesi. Queste tante esperienze di solidarietà, che sono state ricordate anche dal Presidente Mattarella che ne ha premiate alcune, hanno coinvolto diverse generazioni e sono tutte state iniziative del territorio. C’è un modo per far sì che i territori, la politica locale, vengano rimessi al centro e non si tratta di nuove spinte autonomistiche, ma del principio di sussidiarietà, un principio tanto citato quanto disatteso.
Oggi è arrivato il tempo di dargli nuovo slancio, di permettergli di plasmare un nuovo e più corretto rapporto tra i cittadini e le istituzioni e le istituzioni tra loro, affinché le istanze delle persone e dei territori siano valorizzate all'interno di una cornice unitaria. Se falliremo il disgregarsi della nostra comunità sarà solo questione di tempo, ma se riusciremo, allora dalla crisi uscirà un Paese più forte di prima, capace di rinnovare la sua unità e di ritagliarsi con orgoglio quel posto che gli spetta in Europa e nella comunità internazionale.
Giovanni Gut
Vicepresidente nazionale MCL